Un altro blog

Ad un certo punto mi sono reso conto che se avessi dovuto aprire un blog per ogni cosa che mi piace, mi interessa o ho semplicemente voglia di condividere ne avrei dovuto aprire una ventina. Fino ad ora ho fatto così e la cosa non ha funzionato: troppe cose dette in modo troppo sparpagliato. Ora questo è il mio unico blog, senza fronzoli e senza pretese: qui c'è tutto quello che ho voglia di raccontare. Ciao.

ATTENZIONE

A quanto pare è successo qualcosa di strano e molte delle immagini presenti nel blog sono sparite, compresa l'intestazione. Non ho idea di cosa sia successo, forse è colpa delle scie chimiche che mi faccio davanti al pc.
Mi scuso per il disagio e cercherò di riparare i danni appena possibile, nel frattempo i post sono ancora on-line quindi potete leggerli lo stesso.

mercoledì 5 febbraio 2014

Quite good new world - parte III - Ambientalismo, lampioni, abusivismo edilizio (una risposta)

Gli "stupidi lampioni" di cui si parla.

Oggi mi sono connesso e ho trovato una lunga e interessante - nonchè costruttivamente pungente - risposta a quello che ho scritto nel mio --> post sull'ambientalismo.
Siccome, appunto, è interessante e articolata, ho deciso di pubblicarla per intero come post sul blog, seguita da una mia risposta. 
Sono consapevole che si tratta di una lettura piuttosto lunga, ma penso che ne valga la pena.
Buona lettura.

Franz cita gli stupidi lampioni.
Ecco una risposta, in due parti per i limiti di lunghezza imposti dal sistema [nei commenti, qui ovviamente è tutta assieme, ndF].

Uno dei più famosi paradossi di Zenone afferma che se Achille venisse sfidato da una tartaruga nella corsa lasciando alla tartaruga un certo vantaggio, egli non riuscirebbe mai a raggiungerla, dato che Achille dovrebbe prima raggiungere la posizione occupata precedentemente dalla tartaruga la quale, nel frattempo, sarà avanzata raggiungendo una nuova posizione che la farà essere ancora in vantaggio. Quando poi Achille raggiungerà quella posizione, nuovamente la tartaruga sarà avanzata precedendolo ancora. Questo stesso discorso si può ripetere all'infinito e così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga pur riducendosi non arriverà mai ad annullarsi.
Argomentazioni di questo genere se ne sentono spesso e finiscono a volte per convincere chi le ascolta oppure, più facilmente, per offrire appigli dialettici a sostegno di tesi errate o false. I fatti tuttavia spesso si incaricano di dimostrare che Achille raggiungerà e sorpasserà presto e agevolmente la tartaruga, smentendo argomentazioni apparentemente sensate che tuttavia si reggono su errori nascosti (voluti o involontari).
Ci concentreremo sul primo e sul terzo dei punti esaminati da Franz poichè sono i più interessanti.

Primo punto.
I fatti dicono che l'uso del termine "natura" e dei suoi derivati è saldamente parte del linguaggio che le persone utilizzano. Questo ne testimonia senza dubbio l'utilità per la funzione di trasmettere dei concetti comprensibili. Senza la validità di questa funzione, il termine sarebbe caduto da tempo in disuso oppure avrebbe finito per suscitare gli stessi effetti spiazzanti di parole quali "antani" o "sbiriguda". Invece le persone si capiscono quando si parla di natura.
Tuttavia, Franz argomenta che tutto è natura e dunque niente lo è più di qualcos'altro, il che dimostrerebbe l'inutilità del concetto. Sembra ragionevole: ma allora perchè i fatti lo smentiscono?
Natura, naturale, naturalità sono parole che assumono senso in relazione a qualcos'altro, in base al contesto in cui sono inserite. La stessa cosa può essere naturale in un caso e non naturale in un altro. Può giovare un esempio. Lucia vive in città ed è abituata a convivere col traffico e col cemento. A un certo punto decide di "rifugiarsi nella natura" e va a passare una giornata facendo una scampagnata in una zona rurale fatta di campi coltivati, frutteti e poche rare case sparse. Quello stesso giorno, casualmente, Franco, che vive proprio in una di quelle case sparse, sente il bisogno di "rifugiarsi nella natura". Franco, dunque, va a passare la giornata facendo una escursione in una vallata isolata e impervia dove gli unici rumori sono l'acqua del torrenti, gli uccelli e gli insetti. Lo stesso luogo diventa per Lucia la natura dove rifugiarsi e per Franco la non-natura da cui fuggire.
L'errore di Franz, dunque, consiste nel voler attribuire al termine natura un significato assoluto e dei confini ben definiti, che cozzano con l'uso relativo del concetto di natura. D'altra parte, quanto esattamente occorre imbottire una sedia affinchè la si possa chiamare poltrona? Ben difficile dare una risposta, vero? Ma altrettanto difficile sostenere che non esistano differenze tra sedie e poltrone.
Anche la scelta, da parte di Franz, del concetto di "artificiale" come contrario di naturale è arbitraria. E' infatti solo uno dei significati possibili. Inoltre, anche all'interno di ciò che è considerabile come "artificiale", nel senso di prodotto dall'uomo, si possono individuare differenze riguardo alla "naturalità". Ad esempio, se affermo che un muretto a secco è "più naturale" di un muro di cemento e mattoni, non sarà difficile per un interlocutore comprendere il senso del termine "naturale" in questa frase.

Terzo punto.
"La natura ha valore estetico" è per Franz una delle "idee che in gran parte non condivido".
Anche qui i fatti sono chiari. Il valore estetico della natura (personale, come tutto ciò che attiene all'estetica) non solo esiste ma è anche molto evidente nelle sue conseguenze sugli esseri umani. Pensiamo a quanti luoghi "naturali" sono visitati da turisti solo per il valore estetico che hanno. Pensiamo a quante stupide foto testimoniano che gli esseri umani apprezzano dal punto di vista estetico gli spettacoli percepiti come "naturali" quali i paesaggi, il cielo, gli animali. 
Per sostenere una tesi così inverosimile, Franz ha qui bisogno di costruire un "argomento dell'uomo di paglia" cioè una tesi simile a quella che si vuole contraddire, ma più debole, allo scopo di smentirne facilmente una per dare l'impressione di aver confutato l'altra.
In particolare, Franz inventa una figura fittizia di ambientalista secondo cui "la natura, in quanto armoniosa e perfetta, è anche bella, e di conseguenza ogni intervento dell'uomo sul paesaggio naturale è per definizione brutto" e che "considera come prezioso qualsiasi paesaggio naturale e come un abominio ogni opera di antropizzazione".
Estremizzare l'argomento iniziale è una delle più tipiche manifestazione dell'argomento dell'uomo di paglia. Basta ribattere che non sempre l'opera dell'uomo devasta il valore (estico ma non solo) della natura, anche se spesso questo accade. Est modus in rebus.

Avendo, con queste argomentazioni fallaci, annullato il valore estetico della natura, Franz può concludere che "l'uomo deve (...) preservare le proprie fonti di cibo, la qualità dell'aria e tutto quello che può garantirgli un'esistenza migliore". Come se un'esistenza migliore dipendesse solo da fattori materiali e non anche dai cosiddetti "bisogni immateriali", categoria che include quelle necessità non primarie percepite come tali, non a caso, nei luoghi ove lo sviluppo sociale, culturale ed economico ha raggiunto le massime vette e molto meno ad esempio nel terzo mondo. Vale a dire che un tedesco probabilmente potrebbe spiegare a un siciliano quanto è bella la Sicilia o quanto vale il territorio stuprato dagli stupidi lampioni molto meglio che non il contrario.

Possiamo concludere dunque che Franz Karpanov, pur iniziando l'articolo con la frase "Io sono ambientalista" ha composto un ottimo "Manifesto dello speculatore edilizio", che potrebbe essere perfettamente utilizzato per un comizio dai nostri rappresentanti politici attuali e temo anche da quelli futuri e che farebbe certamente presa sul modo di pensare purtroppo diffuso tra il popolo della nostra terra, con cui è perfettamente in linea.


Note:
http://it.wikipedia.org/wiki/Paradossi_di_Zenone
http://it.wikipedia.org/wiki/Argomento_dell%27uomo_di_paglia

Questo era il commento, qui di seguito la mia risposta.

Parto dalla fine, cioè dal fatto che secondo te io ho usato "l'argomento dell'uomo di paglia". Ovvero ho preso un'argomentazione, spingendola all'estremo e trasformandola perciò in qualcosa di errato e facilmente attaccabile.
Beh, francamente è vero, è proprio quello che ho fatto. Il punto è che in un certo senso è un'operazione necessaria quando - invece di trattare il punto di vista di un singolo individuo come sto facendo ora con te - si affronta un'idea in astratto.
Ad esempio, se avessi scritto un post sul pensiero religioso avrei potuto parlare di segregazione sessuale, di violenza, di pensiero irrazionale, di affinità con la pazzia (l'ho fatto --> qui, in effetti) e di altre mille cose decisamente negative. Va da sè che un religioso moderato avrebbe potuto scrivermi dicendo che sto costruendo una posizione facilmente attaccabile al solo scopo di demolirla, e che l'immagine del religioso totalmente irrazionale è fittizia. E in gran parte avrebbe ragione, ogni persona è unica e ha il suo punto di vista, che molto raramente abbraccia in modo totale ed estremo una data idea. I ragionamenti delle persone sono pieni di "se" e di "ma", ma questo non toglie che una data idea considerata in astatto possa contenere errori anche grossolani. 
Indipendentemente da quali e quante siano poi le persone che effettivamente abbracciano tale idea in modo integralista.

Andiamo ai due punti su cui mi hai scritto:
Mi sono preso la briga di affermare che la natura "non esiste" proprio in quanto nel senso comune - come mi fai notare - c'è una distinzione più o meno netta tra quello che è natura e quello che non lo è. Se il termine non fosse utilizzato nel linguaggio comune non avrei avuto motivo di scrivere il primo punto della discussione.
Ora, la prima obiezione che mi muovi è questa: tu sostieni che il concetto di natura ha un valore relativo, per cui la natura di Lucia non è la natura di Franco. In realtà questo esempio non regge molto: non è il concetto di natura ad essere relativo in questo caso, ma la "quantità" di "natura" (cioè per semplificare di stare a contatto con piante, animali, terra ecc.) di cui i due sentono il bisogno. E' un po' come dire che se per me "uscire a bere" significa farmi otto birre e per te significa fartene tre allora il concetto di "birra" è relativo. Ovviamente non è così, io ne voglio di più, tu ne vuoi di meno, ma la birra è sempre birra.
Immedesimandomi in quello che prova Lucia, l'ambiente urbano per lei è - mettiamo - "5% natura". C'è qualche albero nei viali e qualche passero sui tetti. Quando stacca la spina e va a passare una giornata in campagna passa in un ambiente che è - sempre a caso - "70% natura" e trova la cosa gradevole. Stesso discorso per Franco dal "70% natura" della campagna al "98% natura" della sua valle.
Nonostante il livello di "naturalità" percepito come gradevole dalle due persone nell'esempio sia differente, ho l'impressione che l'opposizione "natura vs non-natura" sia comunque ben definita.
Con "la natura non esiste", in ogni caso, non intendevo affermare che non dovremmo più utilizzare questo termine, io stesso ho continuato a usarlo per tutto il post perchè appunto è utile a farsi capire. Le parole, tuttavia, oltre a comunicare aridi concetti, contengono anche emozioni, giudizi di valore e via dicendo. Nell'esempio che fai tu (di Lucia e Franco) le parole "rifugiarsi nella natura" tradiscono un'insieme di valori sottintesi: la natura come rifugio, come ritorno alle origini, come esperienza autentica di comunione col resto del mondo(1).
E' questo valore "mistico" del concetto di natura - come se fosse qualcosa di ontologicamente diverso da quello che è "umano", "artificiale", "tecnologico" o qualsiasi altro termine tu voglia usare - che contesto nel primo punto, ribadendo che per come la vedo io Lucia e Franco hanno provato solo il desiderio di spostarsi da un ambiente A a un ambiente B che avevano caratteristiche differenti (minor presenza di altri esseri umani, minor rumore, possibilità di trovarsi di fronte ad esperienze differenti dal quotidiano ecc.) che in quel momento gli andavano a genio. A e B sono differenti ma sono sullo stesso piano. Sarà una semplice questione di puntiglio che non cambia di molto le carte in tavola, ma che tenevo a sottolineare.

Passando al secondo punto, tu mi dici che il valore estetico della natura è testimoniato dal fatto, ad esempio, che i turisti (so che quello dei turisti è un caso estremo e che l'argomento si applica alle persone in generale) amano visitare luoghi naturali e ne apprezzano il valore estetico, scattano foto ecc. 
Questo argomento viene presentato da te come una prova del valore estetico della natura.
Sembra quasi che tu qui abbia usato con me lo stesso "argomento dell'uomo di paglia" di cui mi accusi. La mia posizione infatti non è che la natura non possa avere MAI un valore estetico, ho detto che non ha valore estetico intrinsecamente, in quanto natura.
Ho detto che "alcuni paesaggi naturali sono bellissimi, altri non dicono nulla. Alcuni animali sono carini, altri fanno davvero schifo al cazzo".
Ora tu potresti ribattere che anche questo è relativo e che un paesaggio naturale che per me non ha nessuna attrattiva naturalistica (tipo quello su cui sorgono i famigerati stupidi lampioni) per un altro può avere valore estetico(2). 
Tuttavia anch'io potrei appellarmi al senso comune di cui parli tu: i luoghi naturali che sono visitati e apprezzati dai turisti per il loro valore estetico sono dei luoghi ben precisi che hanno particolari qualità che li rendono degni di nota. Dove vanno i turisti a cercare la natura? Nelle riserve, sull'etna, al mare a vendicari, nei boschi montani dell'entroterra siciliano e via dicendo. Luoghi che vanno tutelati, come io stesso ho scritto: se mi piazzano le pale eoliche sul bordo del grand canyon o gli stupidi lampioni nel bel mezzo di Cava Grande mi incazzo come una bestia, l'ho scritto io, ricordi?
Gli stessi turisti, dopo il giro alla cava grande, apprezzano anche il gelato al bar sulla spiaggia e la serata in discoteca - sempre sulla spiaggia - con la musica a palla.
Puntualizzo: lungi da me sostenere una tutela ambientale a uso e consumo dell'industria del turismo, con quello che ho detto prima voglio solo ribadire che l'argomento secondo il quale il valore estetico intrinseco della natura non può essere testimoniato dall'apprezzamento delle persone per alcuni paesaggi naturali. 
Io ho sostenuto - ripeto - che la natura non è bella di per sè, ci sono paesaggi naturali belli e che vanno tutelati, altri in cui l'antropizzazione è accettabile, ed altri ancora il cui l'intervento dell'uomo addirittura migliora l'aspetto del paesaggio(3). 
Di bisogni non materiali, è vero, non ne ho parlato esplicitamente. Semplicemente perchè ho dato per scontato che fossero inclusi in quel "tutto quello che può garantirgli un'esistenza migliore": questo include la possibilità di godere in alcuni luoghi delle bellezze paesaggistiche, del silenzio ecc.
Il metro di giudizio di ciò che è bello, comunque, è sempre quello umano: semplificando a noi piace la cava grande, tanto che ci andiamo apposta solo per vederla. La Cava Grande è bella perchè a noi piace, non di per sè. Andare a vedere la cava grande è un bisogno ludico, non materiale, non primario, ma è comunque un bisogno umano.

Tu dici che "Basta ribattere che non sempre l'opera dell'uomo devasta il valore (estetico ma non solo) della natura, anche se spesso questo accade". Ma questo è precisamente quello che ho detto io, la difficoltà sorge quando si tratta di discernere in quali casi ci sia un valore estetico che viene devastato e in quali altri no.
Potremmo rispondere che, per sicurezza, possiamo semplicemente limitare quanto più possibile l'impatto estetico della presenza dell'uomo. Ma questa non è una risposta: cosa facciamo quando le esigenze estetiche sono in contrasto con quelle materiali? Nel post ho fatto l'esempio delle centrali eoliche, e adesso lo vorrei approfondire perchè calza a pennello.

Nell'ottica della riduzione dell'inquinamento si parla sempre più spesso - a ragione, secondo me - del passaggio da metodi inquinanti a metodi a basso impatto ambientale. Una centrale eolica ha un impatto sull'ambiente molto minore rispetto a una centrale elettrica che usa combustibili fossili, ma ha un impatto paesaggistico molto più consistente. Stesso discorso per un grosso impianto fotovoltaico.
Le motivazioni le conosciamo bene e sono di ordine tecnico: le pale eoliche devono essere grandi e devono stare dove c'è vento, ovvero in cima ad alture e colline, dove - casualmente - diventano anche MOLTO vistose. Ora, anche ammettendo che le centrali eoliche deturpino davvero il paesaggio (a me piacciono, ma sono gusti), come ci regoliamo? Abbiamo varie possibilità:

1)Diamo maggior importanza all'inquinamento estetico rispetto a quello chimico (lo chiamo così per comodità) e pur di non deturpare il paesaggio ci teniamo combustibili fossili e nucleare(4).
2)Cerchiamo di tutelare l'ambiente ad ogni costo, rinunciamo sia ai combustibili fossili che alle fonti alternative su larga scala, pagando il prezzo di una diminuzione del benessere materiale piuttosto drastica.
3)Diamo maggior importanza all'inquinamento chimico rispetto a quello estetico, ci liberiamo gradualmente del nucleare e dei combustibili fossili e passiamo ad eolico e fotovoltaico (e alle altre fonti rinnovabili, ovviamente).(5)

E' inutile dire che secondo me la soluzione migliore è la terza. Sottolineo che l'argomento secondo il quale c'è anche l'alternativa di limitare gli sprechi di energia con un'opera di ottimizzazione e qualche rinuncia non sta in piedi: se anche riuscissimo a passare totalmente alle fonti rinnovabili (punto III) dovremmo comunque ridurre gli sprechi e stringere un po' la cinghia, solo che in quel caso sarebbe un piccolo sacrifico, se adottassimo il punto II sarebbe un'immane catastrofe.

Ultimo punto, non posso che rigettare la tua accusa secondo la quale io avrei scritto un panegirico della speculazione edilizia, accusa a cui non sento nemmeno il dovere di rispondere: ti chiedo solo di dirmi cosa intendi esattamente per "speculazione edilizia" e in quali passi del mio post io l'avrei difesa o giustificata.

Grazie per aver scritto, comunque, e per avermi dato l'opportunità di spiegarmi meglio.

Note:
(1) ovviamente non intendo dire che tu intendevi quello, ma che nel senso comune questi concetti sono ampiamente condivisi.
(2) anche per me ha valore estetico, ma ce l'ha anche se ci sono i lampioni e le rotatorie.
(3) la foto del paesaggio abbellito dalla centrale nucleare del post precedente è ovviamente una provocazione, ma un esempio estremo - e valido - di quest'ultimo caso è il bellissimo Cretto di Burri, a Gibellina Vecchia.
(4) certo, in italia il nucleare non c'è, ma questo è un discorso in generale. E comunque l'inquinamento radioattivo se ne frega dei confini nazionali.
(5) ovvio che nella mia trattazione ho dovuto semplificare fino all'osso e trattare queste tre possibilità in modo avulso da un particolare contesto e trascurando tantissime questioni di fattibilità e di tempi. Più che soluzioni assolute potremmo definirle "tendenze", ma la sostanza non cambia poi di molto.

martedì 4 febbraio 2014

Politica, Pompini, Boldrini.


Il tam tam mediatico che c'è in questi giorni sulla Boldrini, gli insulti dei 5 stelle, il risentimento delle parlamentari del pd che si sono sentite dire che sanno fare i pompini (mio dio) e via dicendo è un ottimo esempio del perchè non guardo la tv.
Oltre naturalmente a non voler pagare il canone. Quelle cento euro e cocci la tv italiana non li vale assolutamente.
Purtroppo non vivo da solo e quindi devo sorbirmi la tv accesa a ora di cena. Bene, ieri sera c'era un programma, mi pare Piazza Pulita (La7), sui recenti avvenimenti del parlamento italiano.
Quello che mi aspetto da una trasmissione del genere è che risponda in modo più o meno sintetico ma comunque chiaro ad una serie di domande che un ascoltatore non informato sui fatti (come me) si potrebbe fare.

Volendo riassumere un po', vorrei sapere ad esempio:
1)In cosa consiste esattamente la legge che è appena passata?
2)In che senso si parla di "regalo alle banche"?
3)Perchè quelli del M5S la avversano così tanto?
4)Perchè invece per la Boldrini e per il governo era così importante che quella legge passasse?
5)Ora che la legge è passata, cosa cambierà concretamente per i cittadini?

Questi sono I FATTI. Le cose serie di cui vale la pena discutere. Il fatto che quelli del M5S abbiano dato delle pompinare alle parlamentari del PD è INFINITAMENTE meno importante. Se fossi stato io il conduttore della trasmissione lo avrei relegato alla fine, magari come chicca per far rilassare il pubblico dopo una trattazione SERIA di quello che è successo. Un po' come le notizie di intrattenimento alla fine del tg.
"Ehi, a proposito, in tutta questa concitazione un tizio del M5S ha detto a quelle del PD che sono buone solo a fare i pompini e alcuni attivisti hanno sfogato la loro rabbia su internet scrivendo di cosa avrebbero fatto alla Boldrini se gli fosse capitato di trovarsela in macchina. Eheheh, ok, arrivederci alla prossima puntata".

Invece - anche in questo caso - ci piace fare le cose al contrario, per cui I FATTI diventano una cosa secondaria, un contorno di poco conto, mentre LE CAZZATE diventano l'argomento principale. Dopo un'ora di discussione sulla natura sessista o meno degli insulti alla boldrini, sul cosa abbia scritto pinco pallino su facebook, sulla tizia X che si è sentita offesa come donna, sui messaggi di solidarietà a Napolitano che a sua volta esprime preoccupazione, sulle abilità presunte delle donne del PD circa l'arte della fellatio, appena ho potuto me ne sono tornato nella mia stanza, mentre stavo ancora masticando l'ultimo boccone di pane duro.
A sparare agli zombie su Decision2. 
Tanto il livello di produttività e il contenuto culturale delle due attività è più o meno lo stesso, sparare agli zombie almeno è divertente.

Basta, mi secca anche continuare a parlarne, ciao.

lunedì 3 febbraio 2014

Ma il paesaggio esiste o no? Riflessioni sui metodi tassonomici nella fotografia e nell'arte in generale.

Un classico esempio di ritratto fotografico.

Recentemente sono stato ad una conferenza sulla fotografia di paesaggio. Anche se il termine "recentemente" qui è usato in modo un po' elastico, dato che è passato più di un mese.
In genere non amo le conferenze, non tanto perchè non vengano fuori spunti interessanti (di solito gli spunti interessanti ci sono), quanto perchè sono allergico a istituzioni, sindaci e assessorume vario che dovrebbero essere tenuti alla larga con i fucili da tutto ciò che anche lontanamente si può associare al concetto di arte.
Ad ogni modo, il discorso che volevo fare riguarda un'affermazione di un tizio (non chiedetemi chi fosse, non sono dell'ambiente e quando me l'hanno detto l'ho subito dimenticato) circa il fatto che "la fotografia di paesaggio non esiste più".

Ora, il discorso fatto per la fotografia e per quella di paesaggio in particolare si potrebbe estendere ad ogni forma di creazione artistica, e forse anche a molti campi della tecnica. Esso infatti non riguarda la fotografia in quanto tale, ma la definizione di una porzione di realtà (qualsiasi sia l'ambito al quale tale porzione appartiene).
Voglio partire da un concetto che spesso - per l'impressione che ne ho io - viene dimenticato, a ragione o a torto, in ambito accademico. Io penso che spesso venga dimenticato a torto, perchè trascurare questo particolare dà modo di complicare parecchio le cose, e quindi dà l'opportunità a professori e opinionisti vari di sprioloquiare per ore alle conferenze e di scrivere libri di 500 pagine.
Mi riferisco al fatto che il linguaggio sia una convenzione, per cui un dato termine definisce una data porzione di realtà in base all'accordo delle persone che usano quel termine. Dire "la fotografia di paesaggio (o la musica metal, o l'arte classica, o la pasta col sugo) non esiste più" non ha molto senso essenzialmente perchè non si tratta tanto di SCOPRIRE cosa un data definizione includa e cosa lasci fuori, ma di METTERSI D'ACCORDO su cosa includere e cosa no. Siamo noi che creiamo le definizioni in base alla realtà delle cose, e non viceversa. Una volta stabilita una regola, quello che è dentro è dentro è quello che è fuori è fuori, fine della discussione.

A cosa serve una definizione? Ovviamente serve a comunicare, serve ad essere sicuri che se io dico "pasta col sugo" il destinatario della comunicazione abbia in mente su per giù la stessa cosa che ho in mente io, cosicchè se io ordino la pasta col sugo al ristorante mi portano davvero la pasta col sugo e non i broccoli fritti col formaggio fuso. Nulla vieta di chiamare i broccoli fritti "pasta col sugo", a patto che ci mettiamo d'accordo su questa cosa e sia io che tu sappiamo a cosa si riferiscono le parole che usiamo.
Quindi il problema non è stabilire (nel senso di indagare e scoprire) cos'è la "fotografia di paesaggio", quanto quello di accordarsi su cosa includere e cosa no.

E' un cambio di prospettiva importante perchè non siamo più nel campo dell'indagine, siamo nel campo della decisione di una norma.
Ora, una definizione è buona se ha un giusto livello di inclusività: se è troppo ristretta non lascia spazio alla creatività e all'evoluzione, se è troppo inclusiva diventa inutile perchè il concetto che definisce diventa vago e quindi perde di efficacia comunicativa.
Ora, io credo che quando si dice "la fotografia di paesaggio non esiste più" si intenda dire che la definizione non è stata aggiornata in relazione all'evoluzione reale della fotografia di paesaggio, per cui non sappiamo bene cosa includere, finiamo per includere troppo, e quindi la definizione perde di forza.
Ora, riguardo alla fotografia di paesaggio non ho abbastanza cultura per fare un'analisi approfondita, e rischio quindi di sparare cazzate. 

Rimanendo in ambito fotografico però credo di poter fare un discorso equivalente sul ritratto, non tanto perchè abbia chissà quali conoscenze in questo campo, quanto perchè quello che voglio dire risulta molto più evidente con l'esempio del ritratto che con quello del paesaggio.
Ora, esiste una definizione in senso stretto, che è quella che solitamente viene usata dai non appassionati e da quelli che non amano le dissertazioni: un ritratto è la fotografia di una persona. Semplice no?
Se la foto raffigura una persona, se quella persona è il soggetto della foto*, se è raffigurata in modo tale da darci informazioni su di lei come individuo, allora è un ritratto. Altrimenti no.
Ora, questa definizione è poco elegante, un po' prolissa e ad alcuni va stretta, e quindi ho sentito dire a volte che "un ritratto è qualsiasi cosa rappresenti una persona". 
Questa definizione "allargata" è una buona definizione? Vediamo:

1)Posso fotografare una persona di spalle. E' sempre raffigurata una persona, ho sempre informazioni sul suo conto anche se non ne vedo il volto. Quindi sì, è lo stesso un ritratto.

2)Posso allargare il campo e fotografare un particolare di quella persona. Ad esempio le mani, o (meglio) le tette - le tette ci stanno sempre. Ora, è sempre una persona ad essere presente nella foto e ho comunque informazioni, anche se in quantità minore o meno esplicite, sul suo conto. Quindi sì, è un ritratto.

3)Posso fare ancora un'altra cosa: invece della persona posso fotografare le sue cose, i suoi libri preferiti, le cose che tiene in casa, gli strumenti che usa. A questo punto secondo la prima definizione non si tratta più di un ritratto perchè non vedo persone raffigurate nella foto. Secondo la definizione allargata invece - tenendo con del fatto che i miei oggetti mi rappresentano - anche in questo caso si può parlare di ritratto. Una foto, ad esempio, dello strumento musicale che suono potrebbe anche essere considerata un mio ritratto**.

4)A questo punto mi faccio prendere la mano e fotografo un bel prato fiorito. Perchè? Perchè oggi sono allegro e quel prato fiorito è una rappresentazione del mio stato d'animo. Quindi mi rappresenta, quindi è un (auto)ritratto.

A questo punto probabilmente mi sentirei intellettualmente molto soddisfatto nello scoprire che qualsiasi foto è un autoritratto, e quindi - in senso lato - un ritratto.
Da a qui a dire che il ritratto non esiste il passo è breve.
Figata, sono troppo avanti, potrei pensare.
In realtà quello che è successo è che ho scelto una definizione che non funziona (è troppo vaga) e adesso mi accorgo che non fa il suo lavoro. 
E' importante notare che sul piano logico la definizione allargata non fa una grinza, e anzi è molto più elegante di quella ristretta. Il suo problema è che non funziona sul piano pragmatico: anche se è formalmente corretta è praticamente inutile.

Quindi, volendo riassumere quello che è venuto fuori da tutte queste tediose elucubrazioni, ne viene fuori che:
1)Le definizioni sono modellate sulla realtà dei fatti e non viceversa
2)Una definizione, in quanto convenzione arbitraria, si valuta sul piano pragmatico. Essa non può essere giusta o sbagliata, ma solo utile o inutile.
3)Per il punto 1, quando la realtà dei fatti cambia nel tempo, è possibile aggiornare, restringere o allargare una definizione, o anche crearne un'altra di sana pianta. L'importante è che continui a funzionare.

Tornando alla fotografia del paesaggio, si può fare un discorso simile a quello che ho fatto prima per il ritratto. 
Potremmo definire fotografia di paesaggio la fotografia di un luogo - con le stesse clausole del ritratto: il luogo dev'essere il soggetto della foto e dobbiamo avere almeno qualche informazione sulle caratteristiche di questo luogo. Questa potrebbe essere una definizione ristretta.
Una definizione allargata potrebbe riguardare il fatto che siccome ogni fotografia ha bisogno di un luogo per essere scattata, allora ogni foto (tranne magari quelle di studio e qualche altra eccezione) è un paesaggio. E quindi il paesaggio non esiste.

Alla mostra che si svolgeva in concomitanza con la conferenza c'erano foto di paesaggio in senso tradizionale e foto di paesaggio in senso allargato, in cui magari c'erano dei dettagli che emergevano dall'oscurità, o la sovrapposizione di più esposizioni o l'uso del mosso che rendevano difficilmente riconoscibili i luoghi in cui quelle foto erano state scattate.
Ora, io non entro nel merito del valore artistico (a mio gusto posso dire che molte delle foto presentate mi piacevano parecchio), nè sostengo che la mia definizione ristretta di paesaggio sia la migliore, perchè non ho le competenze per giudicare in tal senso e sicuramente c'è gente che la sa molto più lunga di me.
Il punto è che alla conferenza c'era chi sosteneva una visione ristretta e chi sosteneva una visione allargata (ovviamente come si fa alle conferenze, cioè a mezze parole e senza arrivare mai a uno scontro esplicito). Tuttavia non ho sentito nessuno proporre una definizione specifica, qualcun altro fare obiezioni in proposito e giungere alla fine ad una definizione efficace che mettesse d'accordo tutti.
Se mi permettete una piccola cattiveria, la cosa non mi sorprende molto, perchè una volta raggiunto un accordo alla prossima conferenza di che avrebbero parlato?

Ciao.

Note:
*questo punto è molto importante: non basta che ci sia una persona, quella persona deve essere anche il soggetto della foto. Le classiche foto delle pubblicità dei profumi con donne nude languidamente adagiate su tessuti di raso rosso, così come quelle dei neri scicchigni che tanto piacevano a Mapplethorpe, non sono ritratti. Non lo sono perchè il soggetto della foto in quel caso non è la persona ma il corpo. Infatti parliamo di foto di nudo, non di ritratto.

**una volta a un workshop un tizio che fotografava musicisti jazz ci mostrò una foto in cui si vedevano delle mani che reggevano una tromba. Per me erano solo mani che reggevano una tromba, ma uno si alzò e disse "ehi ma quello è Eustachio Soffiottoni! Solo lui suona quella tromba da queste parti!".
Per inciso, Eustachio Soffiottoni me lo sono inventato io, ovviamente non ricordo il nome vero. E per inciso, il jazz mi fa veramente cacare.