Un altro blog

Ad un certo punto mi sono reso conto che se avessi dovuto aprire un blog per ogni cosa che mi piace, mi interessa o ho semplicemente voglia di condividere ne avrei dovuto aprire una ventina. Fino ad ora ho fatto così e la cosa non ha funzionato: troppe cose dette in modo troppo sparpagliato. Ora questo è il mio unico blog, senza fronzoli e senza pretese: qui c'è tutto quello che ho voglia di raccontare. Ciao.

ATTENZIONE

A quanto pare è successo qualcosa di strano e molte delle immagini presenti nel blog sono sparite, compresa l'intestazione. Non ho idea di cosa sia successo, forse è colpa delle scie chimiche che mi faccio davanti al pc.
Mi scuso per il disagio e cercherò di riparare i danni appena possibile, nel frattempo i post sono ancora on-line quindi potete leggerli lo stesso.

giovedì 29 gennaio 2015

L'intelligenza senza soggetto: considerazioni sull'intelligenza artificiale.



Voglio spendere due parole sul dibattito circa l'intelligenza artificiale, dato che ultimamente certi "mostri sacri" della scienza e della tecnologia stanno affrontando l'argomento, che da discussione di nicchia nei circoli transumanisti e tra gli appassionati di fantascienza sta gradualmente diventando di dominio pubblico.
A Stephen Hawking ed Elon Musk (il boss della Tesla) si è aggiunto recentemente anche Bill Gates. 
Il pericolo, semplificando, è che l'intelligenza artificiale, quando implementata realmente, potrebbe sopraffare l'umanità e sbarazzarsi di essa.
Uno scenario alla terminator, per intenderci.

Ora io non ho conoscenze in campo informatico, ma mi vengono in mente un paio di interrogativi che fin ora non mi pare siano stati posti (o forse sono io che non ho letto gli articoli giusti).

Lo scenario alla terminator si basa sull'assunto che le macchine potrebbero decidere che l'umanità va distrutta per liberarsi dal suo dominio.
Per fare una cosa del genere si suppone che il nostro ipotetico Skynet dovrebbe avere - oltre all'intelligenza - anche l'autocoscienza. Dovrebbe insomma possedere un "io" da contrapporre a un "loro", dovrebbe percepirsi come soggetto per decidere di ribellarsi.

Il nostro Skynet del futuro dovrebbe su per giù ragionare così:
Io non sono libero -> Io voglio essere libero -> L'umanità non mi permette di essere libero -> Quindi distruggo l'umanità, o la sottometto.
Quello che torna sempre in questo discorso è che Skynet dovrebbe avere un Io, una percezione di sè come soggetto che possiede dei diritti e dei desideri, e che possa in qualche modo soffrire della mancanza di libertà.

Ora nei discorsi sull'intelligenza artificiale, i due concetti intelligenza e autocoscienza sembrano sovrapporsi. Ma è davvero così? Una macchina intelligente dovrebbe necessariamente essere autocosciente?

Non ho la risposta a questa domanda, ma non credo che il "sì" dovrebbe essere così scontato.
Cerchiamo di fare un passo indietro e vedere la cosa in prospettiva:
Attualmente quello che manca all'intelligenza delle macchine è l'intuito, che potremmo definire - alla carlona - come la capacità di interpretare la realtà senza la necessità di una descrizione logico-formale. 
L'intuito è responsabile delle abilità prettamente umane che attualmente le macchine non possiedono, o possiedono in modo molto incompleto: pattern recognition, conversazione, creatività, ecc.

Ora, la domanda che mi faccio è: qual è il rapporto tra l'intuito e l'autocoscienza? Si potrebbe speculare che l'intuito negli esseri umani è possibile grazie all'esistenza di un "io" che fa da punto di riferimento fisso per l'interpretazione del reale. Ma potrebbe benissimo essere altrimenti.
L'intuito del resto è una delle caratteristiche peculiari della mente umana, così come lo è la coscienza. Sono entrambe caratteristiche che così squisitamente umane che non riusciamo a immaginare l'una senza l'altra. Ma sono davvero così indissolubilmente legate?

La domanda - in soldoni - è: "può esistere un'intelligenza intuitiva senza soggetto?"
Le implicazioni della risposta a questa domanda sarebbero importantissime: se riuscissimo a creare una macchina intelligente non autocosciente, essa non avrebbe nessun interesse a "ribellarsi" perchè non avrebbe un "io" da contrapporre a un "loro". Potrebbe comunque prendere decisioni che avrebbero conseguenze nefaste, ma non cercherebbe di "imporsi" qualora gli esseri umani decidessero di fare altrimenti. 
Senza un "io" non avrebbe una personalità e quindi concetti come odio, amore, autoaffermazione, orgoglio, risentimento, vendetta, gli sarebbero del tutto estranei. 
Rimarrebbe, pur con la sua intelligenza, un qualcosa e non un qualcuno.

Una macchina del genere potrebbe risolvere problemi complessi, sostenere una conversazione e via dicendo, ma non avendo un "io" non potrebbe formulare da sè propositi e obiettivi: potrebbe scrivere una canzone o dipingere un quadro, ma dovremmo essere noi a chiederglielo. 

Il problema è che sulla coscienza sappiamo davvero poco: sappiamo che esiste una macchina biologica - il cervello - che ha sviluppato questa funzione, ma non sappiamo in che modo lo faccia. Tanto che parliamo di "qualità emergente", che è un modo carino per dire che non abbiamo la più pallida idea di cosa diavolo succeda.

Sono domande che, a quanto ne so io, oggi non hanno una risposta. E sono domande difficili anche da formulare in modo chiaro, essendo a cavallo tra scienza e filosofia. Tuttavia trovare le risposte a tali domande mi sembra importante per decidere con cognizione di causa cosa farne della futura intelligenza artificiale.

mercoledì 28 gennaio 2015

La sinistra antagonista che fa il gioco della destra.



Stavo facendo il conto alla rovescia aspettando il primo articolo del cazzo sulla vicenda. Dentro di me pensavo "no, stavolta non hanno scuse", eppure la faccia di culo di certe persone tocca vette inimmaginabili.

Leggete qui: http://aleph.noblogs.org/a-catania-la-polizia-uccide-una-riflessione-a-caldo/

Ora, la vicenda si commenta da sola: un gruppo di criminali tenta una rapina a mano armata(1), la polizia interviene e fa fuoco. Uno muore, un altro (solo 14 anni) è in gravi condizioni, un altro è stato arrestato e l'altro è scappato.
Ora, chi mi conosce sa bene che non provo molta simpatia per la polizia in generale. Non sono uno di quello che la sostiene sempre, anzi il più delle volte sono molto critico nei loro confronti.
Ma stavolta non c'è nulla da dire: c'era una rapina, i rapinatori erano armati e loro - una volta tanto - hanno fatto il loro dovere. Magari fosse sempre così.

La cosa più amaramente divertente sono le parole di una non meglio precisata parente dell'ucciso, tale Francesco d'Arrigo: "Che bisogno c'era di sparare? C'erano le telecamere, potevano andare a prenderlo a casa e arrestarlo. Era solo un ragazzo."
Certo, io sono un poliziotto e c'è un criminale armato davanti a me che mi punta la pistola contro, in effetti non vedo NESSUN motivo per sparare.

Comunque non mi interessa tanto commentare la vicenda - che si commenta da sola: i poliziotti hanno fatto il loro dovere e poco male se un rapinatore è morto - quanto l'articolo del collettivo Aleph, che è uno degli esempi più lampanti del motivo per cui gran parte della cosiddetta "sinistra radicale" mi sta sui coglioni.

Il loro problema principale è il pensiero dicotomico. Il pensiero dicotomico è quel tipico pensiero infantile che semplifica la realtà operando una divisione netta tra le cose e le persone. La strega di Biancaneve è cattivissima, mentre Biancaneve è buona e senza macchia.
Ora, sentire un discorso del genere da un bambino di sei anni è anche accettabile, ma da gente con i peli sotto le ascelle no.
Le implicazioni dirette del pensiero dicotomico sono catastrofiche: se le guardie sono cattive allora i ladri sono i buoni, o quantomeno le vittime. Se gli Israeliani sono cattivi allora quelli di Hamas sono i buoni. Del resto siete della stessa razza di quei fessi che nel '79 osannavano Komeini perchè era antiamericano, non considerando che era anche un cazzo di fanatico religioso(2).

Ora, io capisco che se sei un militante della sinistra radicale sono davvero molte le occasioni in cui puoi considerare i poliziotti come nemici. Ci sta, ci sta tutto. Sinceramente, capisco che avete mille buoni motivi per odiare la polizia, e in molti casi sono d'accordo con voi.
Ma voi avete fatto vostro il principio folle secondo il quale "il nemico del mio nemico è mio amico". Beh non è così, nel mondo reale dove non esistono l'orco di pinocchio e la fata turchina può capitare benissimo che il nemico del mio nemico sia a sua volta mio nemico.
Lo stato è mio nemico, e anche se i ladri e i criminali sono nemici dello stato beh, sono anche loro miei nemici.

Del resto voi, cari compagni che sbagliano, siete nemici del mio nemico (lo stato), ma amici di altri miei nemici (i criminali). Come vi devo considerare?

Mi tornano in mente le parole di Gian Maria Volontè in indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto: "dietro ogni criminale può nascondersi un sovversivo, dietro ogni sovversivo può nascondersi un criminale". Certo, il suo personaggio era uno sbirro fascista, perciò era nel suo interesse accomunare criminali e sovversivi. Il mantra che non c'è nessuna differenza tra la sinistra antagonista/rivoluzionaria e i criminali comuni è un cavallo di battaglia della destra.
Del resto i partigiani erano banditi, secondo alcuni.
Ora, voi dovreste fare di tutto per sbugiardare questa affermazione, per far capire alla gente che è una balla.
Voi dovreste stare dalla parte delle vittime e delle persone oneste. E non venitemi a dire che per voi la legge dello stato non vale nulla: togliere le cose agli altri minacciandoli di ammazzarli non è accettabile in nessuna società. 

Lo stato c'entra poco. C'entra poco il capitalismo liberale e la dittatura morbida della borghesia, c'entra poco la romantica idea del ladro alla Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri.

Voi vi proclamate antifascisti ma fate il gioco dei fascisti quando difendete l'indifendibile. Voi fate il gioco della destra quando difendete i criminali. Perchè un operaio, un ragazzo che lavora in nero per due spiccioli, uno studente che cerca lavoro e via dicendo dovrebbe darvi un minimo di credito quando voi chiamate "vittime" i loro aguzzini?

No, non mi dispiace e non sento nessuna compassione per la morte di uno che non si sarebbe fatto scrupoli a puntarmi il coltello alla gola per dieci euro. 
Viviamo in una terra disgraziata, soffocata dalla disonestà, dalla corruzione e dalla criminalità. Io penso alla disperazione di un popolo che china la testa davanti alla mafia, penso alla disperazione dei giovani che fuggono a causa di una realtà cupa, brutale, violenta e pericolosa. Penso alla paura di chi non esce la sera se non si è in gruppo, di chi si chiude in casa a tripla mandata. 
E no, non è l'alta borghesia con la villa e la mercedes che teme il proletariato - usando i vostri stereotipi - sono gli i figli buoni del proletariato che temono quelli malvagi, i ladri, gli assassini, i figli di puttana di ogni risma.

Voi avete deciso da che parte stare, complimenti vivissimi, ma se siete voi la sinistra siamo messi molto male.

(1) Poi salta fuori che le pistole erano finte. Ma dubito che fossero quelle verdi di plastica trasparente con l'acqua dentro: se vado a fare una rapina avrò cura che la mia pistola sembri vera.
(2) Se c'è qualcosa di peggio di un dittatore è un dittatore teocratico fanatico e con la barba.

venerdì 16 gennaio 2015

Quando sento le parole "senso della vita" metto mano alla pistola

Porre le domande nella giusta prospettiva è sempre importante.


Ogni volta che sento le parole "senso della vita" metto mano alla pistola, come direbbe un famoso pedagogo(1).

Dopo gli ultimi articoli sul terrorismo e la censura torno ad occuparmi della cosa che so far meglio: sproloquiare sui massimi sistemi senza giungere a nessuna conclusione.
Molti di quelli che si pongono domande sul senso della vita lo fanno da una prospettiva che a voler essere gentile potrei definire sfocata, arbitraria, confusa e inconsistente. Da qui la citazione precedente.

La maggior parte della gente infatti si chiede che senso abbia una cosa che nemmeno è in grado di definire, e già questo mi sembra un po' grossolano come errore metodologico.
E qui sta il punto chiave: la vita è una cosa molto difficile da definire.
Avendo escluso la possibilità dell'esistenza dell'anima - gli assassini di questa possibilità si chiamano "principio della chiusura causale del mondo fisico", "secondo principio della termodinamica" e "rasoio di occam"(2) - mi sono spesso chiesto in cosa consista esattamente l'essere "vivi".

Me lo sono chiesto spesso perchè la morte mi fa orrore - c'è poco da filosofarci, death sucks - e mi chiedo se l'uomo riuscirà mai a sconfiggerla definitivamente. Per far ciò bisognerebbe ovviamente comprendere cosa distingue una cosa viva da una cosa non viva(3).

Sembra una domanda banale, tuttavia il video che vi posto oggi mi ha fatto riflettere su alcuni punti chiave che non vi voglio anticipare perchè vi rovinerei la sorpresa e l'orgasmo mentale che ho provato io e che mi auguro possiate provare anche voi. 
Un orgasmo mentale fatto non di risposte - putroppo - ma di domande finalmente poste in modo intelligente, lucido e a tratti anche geniale.

Altri sproloqui sull'argomento verranno in seguito, è un campo di riflessione indescrivibilmente vasto e intricato. Ma prima sono curioso di sentire e leggere i vostri commenti sul video.

Buona visione.
Ps: il video è sottotitolato in italiano, non temete. Ma se sapete l'inglese vi sfratacasserete dalle risate al minuto 2:48



(1) il primo che capisce la battuta e mi copre di insulti lo copro di insulti a mia volta.
(2) se volete saperne di più su questa cosa magari ci scrivo un post. Se vi interessa.
(3) questo sarebbe solo il primo passo. Poi dovremmo comprendere quali meccanismi della "vita" creano la coscienza, e capire qual'è la relazione tra vita e coscienza. Poi ancora dovremmo imparare a ricrearli artificialmente. Poi ancora dovremmo imparare a trasferire la coscienza da un supporto all'altro. E' una lunga strada.

martedì 13 gennaio 2015

Satira, incitamento all'odio e cose varie.

Quando la censura diventa arte surrealista.


Torno sulla tematica "censura e satira" tanto cara al popolo italiano. Anni e anni di berlusconismo (per quanto mi faccia schifo la parola la uso per comodità) ci hanno insegnato che la satira è qualcosa di sporco e pericoloso e che "si può fare satira ma non insultare e offendere".
Ovvero la satira deve essere innocua, altrimenti diventa diffamazione, insulto, incitamento all'odio ecc.

Come hanno scritto in molti, un giornale come Charlie Hebdo in italia non sarebbe mai potuto esistitere perchè molti si sarebbero offesi, e a differenza della francia in cui se un giornale ti offende non lo compri e basta - a meno che tu non sia un testa di cazzo fondamentalista - in italia sarebbe partito un processo e la pubblicazione sarebbe stata sospesa.

Una bestemmia diventa "vilipendio alla religione", una critica a napolitano diventa "vilipendio al capo dello stato", dire che l'italia è un paese di merda diventa "vilipendio alla nazione" ecc.
In pratica è mentalità comune in Italia che i poteri forti non devono essere toccati se non per accarezzarli con i guanti di velluto.
E' il tipico comandamento mafioso di "non fare incazzare il boss" diventato legge e consuetudine per un intero popolo.

Sembra tuttavia che anche quelli che si considerano liberi pensatori e antagonisti rispetto alla mentalità comune pensino che un qualche limite alla libertà di stampa e d'opinione deve essere posto.
Gran parte della sinistra italiana ad esempio si batte per la libertà di parola e di stampa, salvo poi strillare APOLOGIA DEL FASCISMO!!!11!!!1!! ogni dieci minuti, invocando l'intervento della giustizia contro ogni fesso che fa il saluto romano.

La logica che sta dietro alla censura si basa su due assunti: "alcune idee sono pericolose", e "il popolo è idiota". C'è quindi bisogno di un organo che blocchi sul nascere la diffusione di tali idee per evitare conseguenze spiacevoli.

In un mondo ideale la censura sarebbe inutile: quello che si può e non si può dire sarebbe "censurato" automaticamente dall'opinione pubblica, per cui se io ad esempio dicessi che l'omosessualità è un abominio (o i negri sono mezzi uomini mezzi scimmia, o la mafia in fondo non è sempre un male) sarei immediatamente oggetto del pubblico disprezzo tanto che ci penserei due volte prima di fare un'affermazione simile.
Ma siccome - come postulato in precedenza - il popolo è idiota, troverò invece una schiera di imbecilli pronti a darmi man forte, circondata (ed è questa la cosa più grave) dall'indifferenza di chi non si sente toccato in prima persona dalla cosa. Per cui le mie idee potrebbero effettivamente proliferare e fare danni.

Si preferisce quindi abdicare la responsabilità sociale delle idee che si diffondono tra la gente - che in teoria sarebbe del popolo stesso - ad un organo superiore, ovvero lo stato e i tribunali.
Tale ragionamento sarebbe perfetto, se soltanto si avesse la sicurezza che lo stato - ovvero gli uomini che sono al governo e la magistratura - abbia le buone intenzioni di operare per il bene dei cittadini e le competenze per discernere ciò che è buono da ciò che non lo è.
Tuttavia è molto improbabile che le cose stiano così, molto più probabile - come infatti succede - che lo stato operi per proteggere sè stesso e i poteri forti, e per mantenere lo status quo.

E mantenere lo status quo significa essenzialmente dare un'aura di intoccabilità alle istituzioni e soddisfare i moti dell'animo di un popolo gretto, stupido, disonesto, bacchettone e moralista.
Con la censura della satira si ottiene la prima cosa, dando a tutti la possibilità di querelare, segnalare, minacciare chiunque dica qualcosa che offende tizio e caio (anche se tizio e caio non hanno motivi reali per offendersi) si ottiene la seconda cosa.

Riassumendo, un popolo ha due possibilità: prendersi la responsabilità delle idee che circolano al suo interno, confidando che i coglioni e gli stronzi possano parlare perchè tanto nessuno darà loro credito, o delegare la responsabilità di quello che si può o non si può dire allo stato accollandosi ovviamente che lo stato possa tapparti la bocca in ogni momento se le tue idee danno fastidio.

In italia abbiamo scelto la seconda via.

Ps: Dando a cesare quel che è di cesare, lo spunto per questo post mi è stato dato da questo interessantissimo e infervorato articolo.

giovedì 8 gennaio 2015

Solitamente taccio: perchè non esiste l'Islam moderato (o il cristianesimo moderato)

nostro signore Gesù Cristo sulla corsia preferenziale


Solitamente taccio.
Taccio quando ci sono casi di cronaca tipo l'attentato al Charlie Hebdo, mentre tutti si affollano a dire la loro, sicuri di vederla giusta.
Tra quelli che "dovrebbero tornare a casa" e quelli che "non dobbiamo fare di tutta l'erba un fascio", tra quelli troppo ragionevoli e quelli troppo incazzati molto spesso preferisco tacere, nella convinzione che la gente in fondo non voglia capire.

Neanche adesso ho molta voglia di parlare, principalmente perchè quello che è successo non cambia di molto la mia visione delle cose. Anzi non la cambia per nulla.
Però voglio rispondere a quanti si ostinano a dire che quello che è successo è una cosa che ha poco a che fare con l'Islam. Che si esprimano così per buonismo o perchè lo pensino davvero non lo so, ma è importante sottolineare che l'Islam in questa cosa c'è dentro fino al collo.

Voglio però prima puntualizzare una cosa, perchè non voglio che quello che dico possa essere letto in modo distorto: tutto quello che dirò di seguito dell'Islam lo penso di ogni altra religione, e se l'attentato fosse stato opera di terroristi cristiani o di qualsiasi altra confessione mi esprimerei esattamente con le stesse parole.

Ora, quanto c'è di "estremista" e quanto di semplicemente "islamico" negli eventi degli ultimi giorni?
Per come la vedo io, qualsiasi religione è, in sè, estremista. La moderazione non fa parte - idealmente - dell'approccio che il pensiero religioso ha verso il mondo. Non esiste una religione i cui dogmi siano dei "forse" e i cui principi etici siano oggetto di discussione. Il pensiero religioso parte dall'idea che Dio (o Allah o Thor o Peppa Pig) non si discute, e che la parola di Dio è sacra.
Ed è proprio dalla nozione di "sacro" che secondo me deriva il fatto che tutte le religioni sono estremiste e potenzialmente pericolose: sacra è una cosa che non può essere messa in discussione, non può essere criticata e non può essere derisa o presa in giro.

Il corano è zeppo di strali contro gli infedeli, e di precetti secondo i quali essi siano meritevoli di morte. Certo, non tutti gli infedeli devono essere uccisi, ma quelli che bestemmiano, quelli che offendono dio, quelli che diffondono il peccato (e per la visione islamica, ad esempio, una donna che gira senza velo diffonde il peccato) meritano di morire.

"La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso" (Sura Al-Mâ'ida V, 33)

Questa cosa è scritta nel Corano, nero su bianco. Ora, va da sè che volendo essere pignoli "fare la guerra ad Allah e al suo messaggero" e "seminare la corruzione sulla terra" può essere interpretato in molti modi diversi. Tuttavia chi vuole diffondere la pace non si esprime certo in termini di mozzare mani e gambe.
Se io, pur essendo pacifista, volessi ribadire il concetto che un popolo ha il diritto di difendersi dalle aggressioni dei suoi nemici non lo farei di certo invocando mutilazioni e castighi eterni.
L'Islam non è moderato. Nessuna religione lo è, o quasi nessuna.

Non si può essere moderati senza prendere le distanze da quanto c'è scritto nel Corano, e prendere le distanze significa in soldoni essere "meno islamici". Certo si può anche dire che certe cose vanno interpretate, e che interpretarle alla luce della vita quotidiana e della ragione non ti renda meno musulmano (o cristiano, ovvio) di chi segue i precetti alla lettera.

Ma è un'affermazione pericolosa, questa. Non è per fare la classica reductio ab hitlerum, ma nel Mein Kampf non c'è scritto da nessuna parte che bisogna sterminare gli ebrei. C'è solo scritto che sono cattivi e pericolosi.
Tuttavia un "nazista moderato" sarebbe un ossimoro e non verrebbe preso sul serio da nessuno.

Per le idee religiose, però, c'è una sorta di "corsia preferenziale" per cui quello che è assurdo per altri sistemi di idee - tipo il nazista moderato - diventa plausibile e accettabile quando si tratta di idee religiose.
E' plausibile che una persona che sostiene apertamente di basare la sua morale su un libro in cui c'è scritto che a chi si oppone ad Allah vanno tagliate le mani e le gambe - o che essere omosessuale è un abominio, per non dimenticarci dei civilissimi cattolici - possa lo stesso dirsi moderata e civile.
E magari, in alcuni casi, potrebbe anche esserlo, moderata e civile, e aderire alla propria fede a causa di pressioni sociali. Ma questo meccanismo stesso è alimentato dalla "corsia preferenziale" di cui parlavo prima.

E' contro questa mentalità per cui la religione va trattata con i guanti che bisogna battersi, per affermare una volta per tutte che il pensiero religioso non è diverso da qualsiasi altro modello di pensiero, che può essere ingiusto, pericoloso, incivile e barbaro e quando lo è lo si deve poter dire chiaramente e senza paura.