Un altro blog

Ad un certo punto mi sono reso conto che se avessi dovuto aprire un blog per ogni cosa che mi piace, mi interessa o ho semplicemente voglia di condividere ne avrei dovuto aprire una ventina. Fino ad ora ho fatto così e la cosa non ha funzionato: troppe cose dette in modo troppo sparpagliato. Ora questo è il mio unico blog, senza fronzoli e senza pretese: qui c'è tutto quello che ho voglia di raccontare. Ciao.

ATTENZIONE

A quanto pare è successo qualcosa di strano e molte delle immagini presenti nel blog sono sparite, compresa l'intestazione. Non ho idea di cosa sia successo, forse è colpa delle scie chimiche che mi faccio davanti al pc.
Mi scuso per il disagio e cercherò di riparare i danni appena possibile, nel frattempo i post sono ancora on-line quindi potete leggerli lo stesso.

lunedì 3 febbraio 2014

Ma il paesaggio esiste o no? Riflessioni sui metodi tassonomici nella fotografia e nell'arte in generale.

Un classico esempio di ritratto fotografico.

Recentemente sono stato ad una conferenza sulla fotografia di paesaggio. Anche se il termine "recentemente" qui è usato in modo un po' elastico, dato che è passato più di un mese.
In genere non amo le conferenze, non tanto perchè non vengano fuori spunti interessanti (di solito gli spunti interessanti ci sono), quanto perchè sono allergico a istituzioni, sindaci e assessorume vario che dovrebbero essere tenuti alla larga con i fucili da tutto ciò che anche lontanamente si può associare al concetto di arte.
Ad ogni modo, il discorso che volevo fare riguarda un'affermazione di un tizio (non chiedetemi chi fosse, non sono dell'ambiente e quando me l'hanno detto l'ho subito dimenticato) circa il fatto che "la fotografia di paesaggio non esiste più".

Ora, il discorso fatto per la fotografia e per quella di paesaggio in particolare si potrebbe estendere ad ogni forma di creazione artistica, e forse anche a molti campi della tecnica. Esso infatti non riguarda la fotografia in quanto tale, ma la definizione di una porzione di realtà (qualsiasi sia l'ambito al quale tale porzione appartiene).
Voglio partire da un concetto che spesso - per l'impressione che ne ho io - viene dimenticato, a ragione o a torto, in ambito accademico. Io penso che spesso venga dimenticato a torto, perchè trascurare questo particolare dà modo di complicare parecchio le cose, e quindi dà l'opportunità a professori e opinionisti vari di sprioloquiare per ore alle conferenze e di scrivere libri di 500 pagine.
Mi riferisco al fatto che il linguaggio sia una convenzione, per cui un dato termine definisce una data porzione di realtà in base all'accordo delle persone che usano quel termine. Dire "la fotografia di paesaggio (o la musica metal, o l'arte classica, o la pasta col sugo) non esiste più" non ha molto senso essenzialmente perchè non si tratta tanto di SCOPRIRE cosa un data definizione includa e cosa lasci fuori, ma di METTERSI D'ACCORDO su cosa includere e cosa no. Siamo noi che creiamo le definizioni in base alla realtà delle cose, e non viceversa. Una volta stabilita una regola, quello che è dentro è dentro è quello che è fuori è fuori, fine della discussione.

A cosa serve una definizione? Ovviamente serve a comunicare, serve ad essere sicuri che se io dico "pasta col sugo" il destinatario della comunicazione abbia in mente su per giù la stessa cosa che ho in mente io, cosicchè se io ordino la pasta col sugo al ristorante mi portano davvero la pasta col sugo e non i broccoli fritti col formaggio fuso. Nulla vieta di chiamare i broccoli fritti "pasta col sugo", a patto che ci mettiamo d'accordo su questa cosa e sia io che tu sappiamo a cosa si riferiscono le parole che usiamo.
Quindi il problema non è stabilire (nel senso di indagare e scoprire) cos'è la "fotografia di paesaggio", quanto quello di accordarsi su cosa includere e cosa no.

E' un cambio di prospettiva importante perchè non siamo più nel campo dell'indagine, siamo nel campo della decisione di una norma.
Ora, una definizione è buona se ha un giusto livello di inclusività: se è troppo ristretta non lascia spazio alla creatività e all'evoluzione, se è troppo inclusiva diventa inutile perchè il concetto che definisce diventa vago e quindi perde di efficacia comunicativa.
Ora, io credo che quando si dice "la fotografia di paesaggio non esiste più" si intenda dire che la definizione non è stata aggiornata in relazione all'evoluzione reale della fotografia di paesaggio, per cui non sappiamo bene cosa includere, finiamo per includere troppo, e quindi la definizione perde di forza.
Ora, riguardo alla fotografia di paesaggio non ho abbastanza cultura per fare un'analisi approfondita, e rischio quindi di sparare cazzate. 

Rimanendo in ambito fotografico però credo di poter fare un discorso equivalente sul ritratto, non tanto perchè abbia chissà quali conoscenze in questo campo, quanto perchè quello che voglio dire risulta molto più evidente con l'esempio del ritratto che con quello del paesaggio.
Ora, esiste una definizione in senso stretto, che è quella che solitamente viene usata dai non appassionati e da quelli che non amano le dissertazioni: un ritratto è la fotografia di una persona. Semplice no?
Se la foto raffigura una persona, se quella persona è il soggetto della foto*, se è raffigurata in modo tale da darci informazioni su di lei come individuo, allora è un ritratto. Altrimenti no.
Ora, questa definizione è poco elegante, un po' prolissa e ad alcuni va stretta, e quindi ho sentito dire a volte che "un ritratto è qualsiasi cosa rappresenti una persona". 
Questa definizione "allargata" è una buona definizione? Vediamo:

1)Posso fotografare una persona di spalle. E' sempre raffigurata una persona, ho sempre informazioni sul suo conto anche se non ne vedo il volto. Quindi sì, è lo stesso un ritratto.

2)Posso allargare il campo e fotografare un particolare di quella persona. Ad esempio le mani, o (meglio) le tette - le tette ci stanno sempre. Ora, è sempre una persona ad essere presente nella foto e ho comunque informazioni, anche se in quantità minore o meno esplicite, sul suo conto. Quindi sì, è un ritratto.

3)Posso fare ancora un'altra cosa: invece della persona posso fotografare le sue cose, i suoi libri preferiti, le cose che tiene in casa, gli strumenti che usa. A questo punto secondo la prima definizione non si tratta più di un ritratto perchè non vedo persone raffigurate nella foto. Secondo la definizione allargata invece - tenendo con del fatto che i miei oggetti mi rappresentano - anche in questo caso si può parlare di ritratto. Una foto, ad esempio, dello strumento musicale che suono potrebbe anche essere considerata un mio ritratto**.

4)A questo punto mi faccio prendere la mano e fotografo un bel prato fiorito. Perchè? Perchè oggi sono allegro e quel prato fiorito è una rappresentazione del mio stato d'animo. Quindi mi rappresenta, quindi è un (auto)ritratto.

A questo punto probabilmente mi sentirei intellettualmente molto soddisfatto nello scoprire che qualsiasi foto è un autoritratto, e quindi - in senso lato - un ritratto.
Da a qui a dire che il ritratto non esiste il passo è breve.
Figata, sono troppo avanti, potrei pensare.
In realtà quello che è successo è che ho scelto una definizione che non funziona (è troppo vaga) e adesso mi accorgo che non fa il suo lavoro. 
E' importante notare che sul piano logico la definizione allargata non fa una grinza, e anzi è molto più elegante di quella ristretta. Il suo problema è che non funziona sul piano pragmatico: anche se è formalmente corretta è praticamente inutile.

Quindi, volendo riassumere quello che è venuto fuori da tutte queste tediose elucubrazioni, ne viene fuori che:
1)Le definizioni sono modellate sulla realtà dei fatti e non viceversa
2)Una definizione, in quanto convenzione arbitraria, si valuta sul piano pragmatico. Essa non può essere giusta o sbagliata, ma solo utile o inutile.
3)Per il punto 1, quando la realtà dei fatti cambia nel tempo, è possibile aggiornare, restringere o allargare una definizione, o anche crearne un'altra di sana pianta. L'importante è che continui a funzionare.

Tornando alla fotografia del paesaggio, si può fare un discorso simile a quello che ho fatto prima per il ritratto. 
Potremmo definire fotografia di paesaggio la fotografia di un luogo - con le stesse clausole del ritratto: il luogo dev'essere il soggetto della foto e dobbiamo avere almeno qualche informazione sulle caratteristiche di questo luogo. Questa potrebbe essere una definizione ristretta.
Una definizione allargata potrebbe riguardare il fatto che siccome ogni fotografia ha bisogno di un luogo per essere scattata, allora ogni foto (tranne magari quelle di studio e qualche altra eccezione) è un paesaggio. E quindi il paesaggio non esiste.

Alla mostra che si svolgeva in concomitanza con la conferenza c'erano foto di paesaggio in senso tradizionale e foto di paesaggio in senso allargato, in cui magari c'erano dei dettagli che emergevano dall'oscurità, o la sovrapposizione di più esposizioni o l'uso del mosso che rendevano difficilmente riconoscibili i luoghi in cui quelle foto erano state scattate.
Ora, io non entro nel merito del valore artistico (a mio gusto posso dire che molte delle foto presentate mi piacevano parecchio), nè sostengo che la mia definizione ristretta di paesaggio sia la migliore, perchè non ho le competenze per giudicare in tal senso e sicuramente c'è gente che la sa molto più lunga di me.
Il punto è che alla conferenza c'era chi sosteneva una visione ristretta e chi sosteneva una visione allargata (ovviamente come si fa alle conferenze, cioè a mezze parole e senza arrivare mai a uno scontro esplicito). Tuttavia non ho sentito nessuno proporre una definizione specifica, qualcun altro fare obiezioni in proposito e giungere alla fine ad una definizione efficace che mettesse d'accordo tutti.
Se mi permettete una piccola cattiveria, la cosa non mi sorprende molto, perchè una volta raggiunto un accordo alla prossima conferenza di che avrebbero parlato?

Ciao.

Note:
*questo punto è molto importante: non basta che ci sia una persona, quella persona deve essere anche il soggetto della foto. Le classiche foto delle pubblicità dei profumi con donne nude languidamente adagiate su tessuti di raso rosso, così come quelle dei neri scicchigni che tanto piacevano a Mapplethorpe, non sono ritratti. Non lo sono perchè il soggetto della foto in quel caso non è la persona ma il corpo. Infatti parliamo di foto di nudo, non di ritratto.

**una volta a un workshop un tizio che fotografava musicisti jazz ci mostrò una foto in cui si vedevano delle mani che reggevano una tromba. Per me erano solo mani che reggevano una tromba, ma uno si alzò e disse "ehi ma quello è Eustachio Soffiottoni! Solo lui suona quella tromba da queste parti!".
Per inciso, Eustachio Soffiottoni me lo sono inventato io, ovviamente non ricordo il nome vero. E per inciso, il jazz mi fa veramente cacare.

4 commenti:

  1. Io vorrei essere ancora più lasco e dire che, secondo me, un ritratto o una foto/dipinto/testo di un paesaggio sono tali quando hanno come obiettivo la descrizione di quel soggetto. Ad esempio, nel caso della foto delle mani del jazzista, poco importa, sempre secondo me, che qualcuno più informato riesca a riconoscere quel determinato artista. Se dimentichi le tue conoscenze strettamente personali e provi a guardare/leggere/sentire un lavoro riguardo a qualche soggetto che conosci bene allora tutte le informazioni che percepirai saranno merito del lavoro che hai di fronte. E se quel lavoro risulterà bello o adeguato alla sua definizione, sempre secondo me, sarà dovuto alla sua capacità di comunicare quante più informazioni possibili, o un'informazione nuova e innovativa e tremendamente importante...

    Ma quanto stai scrivendo ultimamente? :)

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    1. Ciao!
      Sto scrivendo tanto, è vero, me ne è tornata la voglia ^_^
      Direi che sono d'accordo, probabilmente la definizione migliore di ritratto o paesaggio non riguarda tanto quello che materialmente puoi vedere nell'immagine, ma il fatto che quello che puoi vedere sia il soggetto dell'immagine stessa.
      Il punto debole di questa definizione - non me ne viene in mente una migliore, però - risiede nel fatto che la comunicazione dipende non solo dal mittente ma anche dal destinatario. Potremmo dire che il soggetto di un'immagine è quello che l'osservatore percepisce come tale e non (o non solo) quello che chi produce la comunicazione ha in mente, ma purtroppo in questo caso dovremmo prendere come punto di riferimento un "osservatore medio" più o meno ideale.

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    2. Verissimo. Sarà anche per questo che abbiamo tutti gusti soggettivi, tanto diversi che quello che per me potrebbe essere musica (esempio il jazz) per te è più vicino alla cacofonia o alla masturbazione mentale, e non sei il solo a pensarla così. E probabilmente il motivo per cui è così difficile definire con sicurezza queste cose è l'inestricabile componente soggettiva. E' come quando vuoi definire se una persona è simpatica: magari non lo è per tutti, ma tu dici che è simpatica se alla maggior parte delle persone risulta tale. O perlomeno, alla maggior parte delle persone che risultano simpatiche a te.
      Forse è per questo che mi piace l'arte che si vede nelle pubblicità e nell'illustrazione. Il suo intento è proprio quello di piacere e comunicare al più largo quantitativo di persone possibile all'interno del suo target.

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