Un altro blog

Ad un certo punto mi sono reso conto che se avessi dovuto aprire un blog per ogni cosa che mi piace, mi interessa o ho semplicemente voglia di condividere ne avrei dovuto aprire una ventina. Fino ad ora ho fatto così e la cosa non ha funzionato: troppe cose dette in modo troppo sparpagliato. Ora questo è il mio unico blog, senza fronzoli e senza pretese: qui c'è tutto quello che ho voglia di raccontare. Ciao.

ATTENZIONE

A quanto pare è successo qualcosa di strano e molte delle immagini presenti nel blog sono sparite, compresa l'intestazione. Non ho idea di cosa sia successo, forse è colpa delle scie chimiche che mi faccio davanti al pc.
Mi scuso per il disagio e cercherò di riparare i danni appena possibile, nel frattempo i post sono ancora on-line quindi potete leggerli lo stesso.

domenica 19 aprile 2015

Carota Meccanica - sulla libertà e il controllo sociale.



Con mio sommo imbarazzo devo ammettere di aver letto solo adesso - a trent'anni suonati - Arancia Meccanica di A. Burgess.
Ora, anche se penso che pochi di voi abbiano letto il libro, sicuramente molti hanno visto il film di Kubrick, o quantomeno ne conoscono la trama.

Se non avete fatto nè l'uno nè l'altro probabilmente dovreste.

Questa però non è una recensione del libro o del film, ma una riflessione sul suo significato e sul suo valore. Non come opera letteraria/cinematografica, ma come "parabola". Uso questo termine perchè lo stesso Burgess lo utilizzò parlando del suo romanzo e del suo significato:

"Il mio eroe, Alex, è veramente malvagio, a un livello forse inconcepibile, ma la sua cattiveria non è il prodotto di un condizionamento tecnologico o sociale - è una sua impresa personale in cui si è imbarcato in piena lucidità. La mia parabola, e quella di Kubrick, vogliono affermare che è preferibile un mondo di violenza assunta scientemente a un mondo programmato per essere buono e inoffensivo. Arancia Meccanica doveva essere una sorta di manifesto sull'importanza di poter scegliere".

Ora, se Burgess non avesse parlato del suo romanzo in questi termini io non starei scrivendo queste righe. Com'è mia abitudine avrei semplicemente preso questo capolavoro per quello che è, senza necessariamente dovervi trovare delle implicazioni etico/morali. Ma, dal momento in cui l'autore stesso definisce il suo romanzo una "parabola", voglio prendermi la briga di raccontavi quello che penso sulla posizione etica presa dall'autore di Arancia Meccanica.

E, lo dico subito, non condivido la visione di Burgess. O per lo meno, la condivido nel contesto del suo libro - se il mondo in esso ritratto fosse quello reale -, ma se messa in relazione con la realtà dei fatti essa perde subito consistenza.

Dunque, la citazione di Burgess si basa su due assunti fondamentali, e sono questi assunti che io contesto:

1)La violenza di Alex è una sua scelta lucida e libera.
2)Un mondo programmato per essere "buono" deve basarsi su un rozzissimo condizionamento pavloviano che ti fa venire il mal di pancia se pensi di fare qualcosa di male.

Vediamoli nel dettaglio.


Dal punto di vista psicologico il personaggio di Alex è piuttosto improbabile. Il 99% dei criminali esercita la violenza allo scopo di raggiungere un fine, e anche quell'1% di "mostri" - come vengono talvolta chiamati - non fanno eccezione, solo i loro fini sono più contorti.
Non voglio dire che non esiste libertà di scelta, ma che - la realtà non è mai netta e limpida come la fantasia - nessuna scelta è scevra da pressioni sociali e condizionamenti esterni.

Il comportamento umano è SEMPRE in parte frutto di un condizionamento, di un sistema di premi e punizioni (potremmo dire più tecnicamente feedback positivi e negativi) che viene ha ricevuto come risposta ai comportamenti durante la vita e lo sviluppo.
La maggior parte delle volte (e non dico "sempre" per cautela) chi si comporta in modo malvagio lo fa perchè quei comportamenti hanno ricevuto in passato dei feedback positivi, o dal suo ambiente sociale o dal gruppo di riferimento.

I teppisti la cui violenza appare insensata e fine a se' stessa spesso ricevono o hanno ricevuto dei feedback ben precisi che influenzano quello che fanno e non fanno: al di là dei vantaggi materiali (che possono anche non esserci), il bullo riceve il rispetto dei pari dopo aver pestato il malcapitato di turno, o la stima degli altri bulli e la garanzia di non diventare egli stesso vittima. 

Ora, vi chiederete cosa c'entra questo col condizionamento.
Beh, ci sono due tipi di condizionamento: quello pavloviano (il cane sbava quando sente la campana / Alex ha un malore ogni volta che pensa di commettere un atto violento) e quello cosiddetto "operante". Questo secondo tipo di condizionamento è quello che in qualche modo la società e i gruppi sociali mettono in atto verso i membri che ne fanno parte.

Per capirci, il condizionamento operante è quello che si usa per addestrare i cani: quando il cane ubbidisce gli si dà un biscotto come ricompensa. Ora, la nostra società funziona così: quando il bambino fa i compiti riceve il plauso e la stima degli adulti, allo stesso modo quando il piccolo criminale commette un furto riceve l'approvazione del gruppo e l'incoraggiamento a continuare. 

Quella che viene chiamata "educazione" non si differenzia molto nella sostanza dall'addestramento dei cani: se fai così avrai un premio, se fai cosà avrai una punizione. Che si tratti dell'educazione istituzionale o di quella criminale la sostanza è sempre quella.

Per cui, sebbene esistano scelte, non vi sono mai scelte completamente libere da condizionamenti.


Per lo stesso motivo, il secondo assunto di cui parlavo prima viene a cadere: la società è sempre "programmata".
Non esistono società "libere" e società "programmate", ma solo società programmate male e società programmate bene.
Una società può essere programmata per produrre individui corrotti, criminali, egoisti ecc. o per produrre individui onesti, rispettosi delle regole (non della legge in sè, ma quantomeno del principio secondo cui devono esserci delle regole), altruisti ecc.
Del resto, se la scelta di comportarsi in modo etico piuttosto che in modo criminale fosse il risultato di una libera scelta completamente individuale, i tassi di criminalità sarebbero più o meno omogenei in tutti i paesi del mondo. E non è così.

Ora, chiediamoci, le società "sane" sono programmate per esserlo? In gran parte sì, ma non con un rozzo sistema pavloviano, bensì con un raffinato sistema di feedback positivi e negativi. Ammortizzatori sociali funzionanti, sistemi economici che incoraggiano la collaborazione, benessere diffuso e via dicendo sono tutti sistemi "programmati" che invogliano il cittadino a comportarsi in un modo onesto, mentre la perdita di diritti, di beni e della libertà lo scoraggiano dal compiere azioni scorrette.

Nelle società corrotte, abbiamo viceversa feedback positivi per le azioni malvagie (arricchimento, impunità, rispetto) e negativi per quelle buone.
Per cui nelle società corrotte - come quella italiana, specialmente qui al sud - l'imprenditore che vuole pagare il giusto gli operai non può reggere la concorrenza degli sfruttatori e chiude baracca, chi rispetta le regole quando potrebbe trasgredirle impunemente è "fesso" e chi protesta davanti ai soprusi è "sbirro" e "spione" e "infame".

Un certo grado di condizionamento è imprescindibile in qualsiasi società. Le leggi col loro carico di premi e punizioni non sono altro che condizionamento, l'educazione scolastica è condizionamento, il rapporto coi genitori è condizionamento. A volte questo condizionamento è spontaneo e non pianificato dall'alto, a volte è il frutto di un oculato intervento di ingegneria sociale. A volte condiziona verso comportamenti che comunemente riteniamo "buoni" a volte verso comportamenti che riteniamo "malvagi", ma tuttavia esiste sempre e comunque.


Gli Alex nel mondo - quelli intrinsecamente malvagi, malvagi per libera scelta - sono lo 0,0qualcosa%. Tutti gli altri sono malvagi perchè figli di una società malvagia, che invoglia e rafforza i comportamenti malvagi.

Ovviamente poi la storia di ogni persona è unica, per cui nelle società corrotte ci sono comunque degli onesti e nelle società sane ci sono comunque dei corrotti e dei criminali. Ma se la percentuale varia in modo rilevante, la società gioca comunque un ruolo in questo, altrimenti dovremmo chiamare in causa possibilità astruse tipo la malvagità genetica o l'influsso del diavolo.

E queste sì sono stronzate.

In ultima analisi, ben vengano le società "programmate per essere buone e inoffensive", ne abbiamo un fottutissimo, estremo bisogno.

Nessun commento:

Posta un commento