Un altro blog

Ad un certo punto mi sono reso conto che se avessi dovuto aprire un blog per ogni cosa che mi piace, mi interessa o ho semplicemente voglia di condividere ne avrei dovuto aprire una ventina. Fino ad ora ho fatto così e la cosa non ha funzionato: troppe cose dette in modo troppo sparpagliato. Ora questo è il mio unico blog, senza fronzoli e senza pretese: qui c'è tutto quello che ho voglia di raccontare. Ciao.

ATTENZIONE

A quanto pare è successo qualcosa di strano e molte delle immagini presenti nel blog sono sparite, compresa l'intestazione. Non ho idea di cosa sia successo, forse è colpa delle scie chimiche che mi faccio davanti al pc.
Mi scuso per il disagio e cercherò di riparare i danni appena possibile, nel frattempo i post sono ancora on-line quindi potete leggerli lo stesso.

venerdì 6 febbraio 2015

Bozza per un programma politico tecnoprogressista (parte 1)

Il punto cardine alla base del tecnoprogressismo è la convinzione secondo la quale la scienza e la tecnologia sono gli strumenti più efficaci e affidabili per migliorare le condizioni di vita materiali, psicologiche e sociali dell'umanità. Spetta a noi utilizzarle nel migliore dei modi per costruire un mondo migliore.


Il tecnoprogressismo è un principio molto vicino alla filosofia transumanista, ma che aggiunge ad essa una grande attenzione ai temi sociali, nella consapevolezza che non c'è vero progresso fin quando i suoi frutti non sono disponibili a tutti e non migliorano praticamente la vita delle persone. 

Partiti di stampo tecnoprogressista stanno nascendo in forma embrionale in tutto il mondo. Uno per tutti il Futurist Party americano, già costituito, e tante altre realtà che appartengono all'area transumanista e che si affacciano - per adesso solo in forma virtuale attraverso la rete - alla possibilità di un ingresso nella scena politica. Questo accade anche in italia, anche se molto molto timidamente.

Ora, posto che un partito transumanista-tecnoprogressista si costituisse davvero, quale programma dovrebbe avere? 

Fin quando si parla di filosofia possiamo discutere quanto vogliamo sul mind uploading e sulla singolarità tecnologica, ma va da sè che un partito deve dare risposte concrete a problemi attuali, e anche una corrente che pure si nutre di progetti e previsioni (e aspettative) a lungo termine non può esimersi dal farlo se vuole fare politica.
Viviamo in una periodo di grandi cambiamenti, forieri di grandi promesse e grandi minacce: problemi come la disoccupazione, la povertà di alcuni strati della popolazione e le conseguenti tensioni sociali richiedono urgentemente delle soluzioni pratiche e immediate. Un soggetto politico che trascuri queste cose non avrebbe, oggi, nessun motivo di esistere, sopratutto in italia.

In questo post provo a buttare giù alcuni punti che secondo me sono importanti, e dato che si tratta di un discorso lungo ho deciso di dividerlo in più parti, per cui alcune tematiche fondamentali qui non sono trattate perchè semplicemente ne parlerò successivamente.

Premetto che si tratta di una bozza, e che non avendo competenze da economista posso dire solo "a naso" se e in quale misura le mie idee siano realizzabili. Per questo sottopongo a voi questo post, sperando che possiate integrarlo, criticarlo, demolirlo o rafforzarlo con le vostre idee e critiche.

Bando alle ciance, ecco i miei punti:


1)Libertà economica

La disoccupazione tecnologica dovuta all'automazione è oggi un problema, ma domani potrebbe essere una grande risorsa. Essa è infatti un problema soltanto nella misura in cui possedere un lavoro è conditio sine qua non per accedere all'uso di beni e servizi, anche quelli basilari.
Posto questo come punto fermo, svincolando il lavoro dal reddito attraverso l'istituzione di un reddito di cittadinanza o l'accesso gratuito a determinati beni e servizi si raggiungerebbero almeno due obiettivi:

a)Riduzione della povertà e del crimine ad essa connesso.
b)Liberazione della forza creativa e imprenditoriale degli individui. Il lavoro ripetitivo sottrae tempo ed energia che potrebbe benissimo essere impiegata altrove lasciando il lavoro alle macchine. Sebbene siamo lontani dal roseo futuro in cui le macchine potranno svolgere lavori complessi e creativi, c'è tutta una schiera di lavori che potrebbe essere completamente automatizzata, e le persone che adesso occupano quei posti potrebbero impegnarsi in attività differenti (anche che non producono lucro immediato) senza nessun costo per la società.

Il reddito di cittadinanza dovrebbe essere 
- universale: lo ricevono tutti i cittadini.
- sufficiente: nello specifico sufficiente al soddisfacimento delle necessità esistenziali come cibo, energia, vita sociale ecc. Al costo della vita attuale in italia potremmo fare sugli 800-1000 euro per chi possiede una casa di proprietà, e magari lo si potrebbe modulare in relazione al costo della vita della zona di residenza.
- incondizionato: lo si riceve a prescindere dal fatto che si lavori o meno. Magari lo si potrebbe sospendere a chi lo usa per delinquere o in qualche altro caso eccezionale, ma sostanzialmente la sua erogazione dovrebbe avvenire a prescindere da altri fattori, per il solo fatto di essere cittadino.

Il carattere incondizionato del reddito di cittadinanza risolverebbe facilmente il cosiddetto problema motivazionale, ovvero l'obiezione secondo la quale percependo il reddito di cittadinanza (e perdendolo qualora si trovi un lavoro) nessuno vorrebbe più lavorare. Se il reddito di cittadinanza si andasse a sommare a quello percepito come salario per il lavoro la gente continuerebbe a voler lavorare. Solo non sarebbe più un dramma non riuscirci.



2)Efficienza e produzione

Superato lo scoglio della disoccupazione tecnologica si potrebbe spingere a fondo sull'acceleratore dell'automazione e dell'innovazione senza paura di ripercussioni negative sul mercato del lavoro e sulla società.

L'automazione gioca un ruolo chiave nella più ampia necessità di raggiungere una maggiore efficienza sia nell'ambito della produzione che in quello dei servizi: ecco alcuni esempi di certo non esaustivi, ma utili a capire cose intendo.

a)Favorire la produzione di cibo vicino al luogo del consumo. Ora il "cibo a km0" non è niente di nuovo ma oggi come oggi è una cosa da ambientalisti snob e con molti soldi perchè è disponibile a un prezzo maggiore rispetto a quello importato a causa della scarsa efficienza dei metodi di produzione.
Il km0 - procedendo in modo scientifico - potrebbe funzionare per fasi:
Primo: analisi scientifica delle necessità nutrizionali della popolazione di una determinata area geografica (poniamo una città).
Secondo: progetto e realizzazione di un impianto che produca una quantità di cibo proporzionato alle esigenze della popolazione. Uso, quando necessario, di metodi avanzati come l'idroponico, l'OGM ecc. Anche la creazione di cibo completamente artificiale potrebbe essere presa in considerazione quando conveniente (tipo l'esperimento del Soylent, concettualmente molto interessante anche se ancora acerbo e non esente da problematiche).
Terzo: analisi costante dello sviluppo e del successo del progetto. Eventuali aggiustamenti di rotta se qualcosa non funziona, incorporazione continua dei metodi più efficienti man mano che vengono implementati.

b)Informatizzazione e centralizzazione degli archivi e degli uffici pubblici, automazione dei processi burocratici. Es.: se io cambio residenza sulla carta d'identità essa cambia anche in tutti gli altri miei documenti, che ovviamente saranno digitali.


3)Energia e consumi.

Il tema dell'energia è oggi di fondamentale importanza, in primo luogo per la questione ambientale, ovvero il fatto che gran parte dell'energia prodotta oggi proviene da fonti non rinnovabili e inquinanti, e in secondo luogo perchè il costo dell'energia incide profondamente sul bilancio delle persone e quindi sul loro benessere materiale, oltre che su quello delle aziende.

E' quindi quasi superfluo dire che diminuire il costo dell'energia e ottimizzarne il consumo sono interventi necessari.

Sull'opportunità del passaggio a fonti rinnovabili non c'è nemmeno da discutere, se non per dire che purtroppo allo stato attuale delle cose pare che non sia possibile passare alle rinnovabili mantenendo invariati i consumi. Tuttavia sviluppare le rinnovabili il più possibile sarebbe un bene, così come sarebbe un bene investire sulla ricerca per l'implementazione del reattore a fusione nucleare.

D'altro canto, anche la diminuzione dei consumi dovrebbe essere messa sul piatto della bilancia. Per far sì che la diminuzione dei consumi sia auspicabile, però, essa non deve comportare una diminuzione della qualità della vita. I fondi stanziati in italia per la ristrutturazione degli edifici volta a migliorarne l'efficienza energetica è un buon - timido - passo in questa direzione.
Altri interventi potrebbero riguardare lo snellimento delle procedure burocratiche e della tassazione verso chi opta per modi di abitare alternativi ed efficienti dal punto di vista energetico: movimenti come quello delle "Tiny homes" e delle "earthships" (in USA e nordeuropa), dichiaratamente e praticamente votati all'efficienza energetica si scontrano quotidianamente con vincoli burocratici e rotture di coglioni varie - termine tecnico - da parte delle autorità, mentre dovrebbero essere da esse favorite, magari prendendo in considerazione l'idea di agevolazioni per chi intende costruire case ad alta efficienza energetica, eccezioni ai piani regolatori ecc. Mi rendo conto che è un discorso secondario ma è un argomento che mi appassiona e porterebbe comunque un piccolo contributo.

Nell'ambito della produzione si potrebbe trovare il modo di favorire la produzione on-demand per mezzo di processi CAM (computer aided manufacturing, in soldoni stampa 3d, taglio laser, fresatrici cnc ecc.). Ancora non siamo a livelli tecnologici tali da poterla sostituire alla produzione di massa, ma quando ci arriveremo dovremo essere pronti a sfruttarne tutti i vantaggi, perchè la produzione on demand è incompatibile con la produzione in eccesso, e questo ovviamente limita gli sprechi di energia e di risorse.

Stessa cosa per quanto riguarda i trasporti: oltre al miglioramento dei trasporti pubblici occorrerebbe detassare il possesso di veicoli elettrici, dato che essi allo stato attuale della tecnologia non possono assurgere al ruolo di veicolo principale. In soldoni: io uno scooter o una piccola auto elettrica me li comprerei volentieri se poi non dovessi pagare due bolli, due assicurazioni e via dicendo.
Questo innescherebbe poi un circolo virtuoso, per cui con i profitti di vendite sicuramente maggiori alle attuali le aziende che producono veicoli elettrici potrebbero investire di più in ricerca e sviluppo, creando veicoli ancora più parchi nelle emissioni e nei consumi, più efficienti e più prestazionali.


4)Formazione

Il progresso e la crescita del benessere di una nazione sono direttamente dipendenti dalle capacità e dalle competenze dei cittadini. Oggi, con i cambiamenti continui in ambito tecnologico e l'automazione che va a passi da gigante è sempre più probabile che durante la vita una persona debba sviluppare competenze sempre nuove. Tuttavia le agenzie che si occupano della formazione lo fanno in modo lento e inefficiente e sono per lo più slegate dal mondo del lavoro.

Non possiamo aspettarci del resto che un operaio, quando il suo lavoro non sia più necessario, prenda una laurea in biotecnologie o in robotica, perchè non avrebbe nè il tempo nè le risorse economiche. Sebbene questo problema potrebbe essere in parte risolto dall'istituzione del reddito di cittadinanza è importante che ci siano opportunità di lavoro per chi vuole coglierle. Una soluzione potrebbe essere l'istituzione di corsi specifici direttamente all'interno delle aziende, o comunque volti a sviluppare le competenze necessarie per svolgere quel determinato lavoro: tali corsi dovrebbero

a)essere orientati allo sviluppo specifico delle competenze che il lavoro richiede: solo quelle, e non altre.
b)avere un'importante componente pratica.
c)essere intensivi e di una durata limitata - qualche mese, massimo un anno a seconda dei casi.
d)essere pubblici, o se privati avere comunque un prezzo accessibile e regolamentato (è inammissibile che oggi un corso privato per l'uso di un software di 20 ore costi anche 800euro).

esempio: c'è carenza di programmatori per le app dei telefonini - la sto buttando a caso ovviamente. Un corso che si occupi solo di quello sarebbe molto più breve di una generica laurea in informatica e darebbe (riguardo al mestiere specifico) delle competenze sostanzialmente equivalenti.

Ovviamente questo discorso non si può applicare a tutti i campi, io non mi farei mai operare da un chirurgo che ha fatto un corso di 5 mesi, ma togliendo la medicina, la fisica teorica e qualche altro ambito credo che la mia idea sia in gran parte attuabile.

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Finisce qui la prima parte. Non ho parlato di sanità, di libertà biologica/morfologica, di cultura e di molte altre cose. Come dicevo all'inizio, affronterò queste tematiche un'altra volta.
Per adesso credo di aver messo abbastanza carne al fuoco. A voi la parola.

5 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Franz, ho letto velocemente il tuo articolo e c'è un punto che mi lascia qualche dubbio.

    Eccolo:

    i corsi di formazione devono essere "pubblici, o se privati avere comunque un prezzo accessibile e regolamentato (è inammissibile che oggi un corso privato per l'uso di un software di 20 ore costi anche 800euro)".

    Sono d'accordo a corsi che servono a lasciare una porta aperta sul mercato del lavoro a più gente possibile.

    Avrei qualche perplessità se questi corsi fornissero competenze che diano un vantaggio sui concorrenti.

    Perché?

    Perché il vantaggio ce l'avresti se tali competenze le possedessi soltanto tu, o una cerchia ristretta di persone.

    Quando un'abilità è accessibile a chiunque, diventa uno standard, per vincere la competizione ti servirebbero nuove competenze ad un livello più alto, ma se anche queste diventassero accessibili a chiunque, non se ne uscirebbe più.

    Fondamentalmente, ciò che ti protegge nel mercato è il tuo grado di insostituibilità: più persone possono fare quello che fai tu, meno sicura sarà la tua posizione, e meno sarai pagato, sia da un datore di lavoro, che potrebbe assumere tranquillamente un altro, sia da un cliente, che potrebbe andare tranquillamente dalla concorrenza.

    Perciò vorrei si pensasse molto attentamente a cosa questi corsi danno e a cosa non danno.

    Da questo discorso ne nasce inevitabilmente un'altro:

    Il transumanesimo ci regala la promettente prospettiva di migliorare gli individui e la società su moltissimi fronti, ma fino a che punto dobbiamo garantire le stesse qualità e lo stesso accesso a qualsiasi risorsa a chiunque?

    Se tutti fossero capaci di fare qualsiasi cosa e potessero accedere a qualunque risorsa, per determinare dei vincitori, e dunque i premi che questi avrebbero a differenza degli sconfitti, potremo affidarci solo al caso e a procedure non meritocratiche.

    Franz, magari avere vincitori e sconfitti in società non è un grosso problema per te, e posso dirti tranquillamente che abbiamo problemi più importanti, ma se come me nutri anche solo un piccolo desiderio di avere qualche chance di emergere dalla massa, per le qualità che hai, per lo status che ricopri o per le risorse che hai...

    beh, capisci bene che lo scenario che ti ho dipinto è parecchio infernale.

    Che ne pensi? :)

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    1. Ciao Omar, grazie del commento e delle tuo considerazioni

      Tu dici "Se tutti fossero capaci di fare qualsiasi cosa e potessero accedere a qualunque risorsa [...] potremo affidarci solo al caso e a procedure non meritocratiche". Tuttavia anche se la formazione fosse a buon mercato e maggiormente efficiente di quella attuale, non significa che alla fine di un corso di tutti i frequentanti avrebbero lo stesso livello di competenze. I più intelligenti e quelli che si impegnano di più sarebbero comunque un passo avanti agli altri, così come accade oggi nelle scuole e nelle università.

      Al contrario è oggi che la formazione è non-meritocratica, in quanto favorisce
      1)chi ha denaro da investire in formazione
      2)chi ha tempo da investire, ovvero chi non ha necessità immediate di lavorare per portare a casa la pagnotta.

      E avere denaro e tempo non è certo un merito.

      Se alla mia idea di una formazione più agile ed efficace aggiungiamo il reddito di cittadinanza avremo una situazione in cui la competizione nel mondo del lavoro sarebbe notevolmente abbassata, perchè
      1)si impegnerebbero nella formazione solo quelli davvero motivati a compiere quel lavoro, e vi si potrebbero dedicare senza l'ansia della povertà incombente
      2)avendo una solida base di guadagno sicura per tutti si potrebbe lasciare più spazio ai lavori di tipo part-time, in modo da fornire più posti di lavoro rispetto a oggi. Magari con stipendi più bassi visto il numero delle ore minore, ma che sarebbero integrati efficacemente dal reddito di cittadinanza.

      Tu mi dici anche che "se come me nutri anche solo un piccolo desiderio di avere qualche chance di emergere dalla massa, per le qualità che hai, per lo status che ricopri o per le risorse che hai, capisci bene che lo scenario che ti ho dipinto è parecchio infernale".

      Sinceramente questa cosa non la condivido: il concetto di "emergere dalla massa" come lo intendi tu è figlio di questa società in cui, essendo il lavoro il metro unico del benessere, l'unica strada per emergere è quella di avere un lavoro prestigioso e ben pagato.
      In una società come quella che dipingo io, essendoci un benessere diffuso che porterebbe a una vita meno stressante, penso che l'ansia di emergere per affermare il proprio status diminuirebbe di molto.

      Io sinceramente emergo già dalla massa perchè sono un individuo con le mie idee e la mia personalità, mi interessa diventare migliore di quello che sono in relazione a me stesso e alle mie capacità attuali, ma non in relazione agli altri. E in un mondo in cui il lavoro è in parte svincolato dal reddito anche i valori sociali cambierebbero, per cui un individuo potrebbe "emergere dalla massa" in tanti modi diversi, posto che questo per lui abbia importanza.

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  3. Avrei qualcosa da correggere sui dettagli ma nel complesso il quadro generale dei punti che hai toccato e OK. I problemi sono altrove, in particolare mi riferisco al silenzio assordante su quattro argomenti secondo me fondamentali, e sono cosciente che siamo solo alla prima parte del programma ma essendo argomenti indispensabili per stabilire limiti e indirizzo alla tecnologia mi sento di doverli sottolineare subito.
    Primo, mancano indicazioni sui limiti che le risorse del pianeta impongono all umanità e che sono decisivi per capire dove va il tuo tecno progressismo.
    Secondo, manca la considerazione dell'essere umano come animale che si è coevoluto (come tutti gli esseri viventi) insieme al suo habitat e dunque l'importanza dell'habitat per il benessere dell'uomo.
    Terzo, mancano accenni alla resilienza, cioè la capacita del sistema di resistere alle criticità. Vale a dire: aumentare la complessità (tecnologica) del sistema espone al rischio che ci si trovi di fronte a un castello di carte. Esempio, cosa diventa internet in assenza di energia elettrica?
    Quarto, niente sul pericolo che la tecnologia sia dominio dell'uomo sull'uomo, dunque iniziative per limitare questo rischio tanto caro al buon Theodor Kaczyński.

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    1. Obiezioni interessanti, passo subito alle risposte.

      1)Limiti delle risorse: dici bene. Purtroppo non ho numeri da fornire, ma penso che alcune linee guida possano essere facilmente tracciate. In primo luogo nel mio programma (e non è una cosa che ho inventato io ovviamente) il concetto di "progresso" non coincide con quello di "aumento dei consumi". Anzi, è proprio nell'ottica di una maggiore efficienza che il mondo della tecnologia si sta evolvendo.
      Nell'ambito dell'energia ho parlato delle fonti rinnovabili, ad esempio. Il fotovoltaico oggi e sopratutto la fusione nucleare domani (domani significa tra 30 - 50 anni, che è un lasso di tempo ragionevolmente breve e cmq dipende dagli investimenti) potrebbero liberarci dall'uso dei combustibili fossili. Il cibo e la manifattura a km0 ridurranno gli sprechi e i costi di trasporto.
      Anche politiche demografiche efficaci per contenere la crescita della popolazione sarebbero necessarie, non ne ho parlato perchè si tratterebbe di misure globali e non legate in modo preciso al tema del post - ovvero il programma di un ipotetico partito tecnoprogressista italiano.
      Ripeto, non ho le competenze per dare dei numeri purtroppo, ma alla peggio il mio programma è comunque un miglioramento rispetto a come vanno le cose oggi.

      2)Il secondo punto si lega strettamente al primo: aumenti l'efficienza, diminuisci il consumo, trovi fonti alternative. Il pianeta ringrazia.
      Va da sè che anche se non strettamente legati al pensiero tecnoprogressista, interventi volti a conservare la biodiversità e gli ecosistemi saranno sempre i benvenuti. Del resto nel sito dell'"Institute for social futurism" si sono definiti "bright green", proprio in questo senso.

      3)Resilienza. E' un tema molto interessante, mi sa che ci farò un post su. Cmq la mia impressione è che la resilienza di un sistema aumenti di pari passo col progresso tecnologico, invece di diminuire. E' vero che internet senza elettricità sarebbe inservibile, ma è anche vero che le probabilità che una porzione significativa di territorio rimanga senza elettricità per molto tempo sono abbastanza scarse. Viceversa, ho l'impressione che la resilienza a criticità molto probabili (disastri naturali, epidemie, maltempo, clima sfavorevole, terremoti ecc.) sia via via aumentata. Da quanto tempo non c'è una carestia nel mondo occidentale? Quanta gente uccideva il freddo 100 anni fa e quanta ne uccide adesso? Alcuni eventi che prima erano criticità (tipo un anno particolarmente secco o un inverno particolarmente freddo) adesso le consideriamo al massimo una fastidiosa rottura di palle.
      Internet, del resto, è forse uno dei sistemi più resilienti del mondo con la sua struttura decentralizzata.
      C'è comunque da dire che il principio della resilienza rimane di primaria importanza. Attingere energia da varie fonti piuttosto che da una sola, ad esempio, potrebbe essere un buon metodo per aumentare la resilienza dal punto di vista energetico. Ne parlerò in modo più approfondito.

      4)Dominio dell'uomo sull'uomo. La tua obiezione si basa sul principio che, maggiore la tecnologia, maggiore il potere di controllo dell'autorità sui cittadini. Anche se, di fatto, le società più tecnologiche sono anche le più democratiche, resta comunque un'obiezione sensata.
      Io penso che l'automazione possa essere parte della soluzione al problema. Posto che è vataggio dell'imprenditore medio pagare poco i propri sottoposti (sfruttamento), quale operaio più sfruttabile di una macchina? Le macchine sono cose, pertanto non sono soggetti di diritti. Penso che l'automazione renderebbe in una certa misura poco conveniente lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sopratutto abbinata al reddito di cittadinanza di cui parlo nel post.

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