In risposta all'ultimo post pubblicato su questo blog ho ricevuto un commento molto interessante che sollevava dubbi sul fatto che un sistema (una società, nel caso specifico) altamente tecnologica sia poco resiliente. Questo scrive il mio lettore:
"Aumentare la complessità (tecnologica) del sistema espone al rischio che ci si trovi di fronte a un castello di carte. Esempio, cosa diventa internet in assenza di energia elettrica?"
E' una questione interessante sia dal punto di vista pratico che dal punto di vista intellettuale, per cui ho deciso di trattarla separatamente.
Allora, cerchiamo di capire innanzi tutto di cosa stiamo parlando.
Il concetto di "resilienza" viene così definito da wikipedia:
- In ingegneria, la resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia di deformazione elastica
- In informatica, la resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d'uso e di resistere all'usura in modo da garantire la disponibilità dei servizi erogati.
- In ecologia e biologia la resilienza è la capacità di un materiale di autoripararsi dopo un danno o di una comunità (o sistema ecologico) di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato.
- In psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà.
Sebbene il termine abbia significati differenti in relazione ai diversi ambiti d'applicazione, è evidente che il nucleo concettuale sia sempre lo stesso: generalizzando, la resilienza è la capacità di un sistema di reagire ad eventi perturbanti mantenendo intatte le sue funzionalità.
Il dubbio sollevato dal mio lettore parte da due assunti fondamentali:
- Un aumento del livello tecnologico di una società comporta un aumento della complessità.
- Un aumento della complessità determina una diminuzione della resilienza.
Dando per buono il primo punto, mi vorrei invece focalizzare sul secondo.
Un sistema è complesso quando le interazioni delle sue parti sono prevalentemente non-lineari.
La complessità non dipende solo dal numero delle parti che compongono un sistema, ma anche dalle connessioni tra gli elementi del sistema e dalla loro interazione non-lineare: un orologio analogico con i suoi molteplici piccoli ingranaggi è complicato, ma non è complesso. Il movimento di ogni ingranaggio determina il movimento di tutto il sistema in modo strettamente deterministico, per cui basta in effetti un piccolo guasto ad un ingranaggio qualsiasi per arrestare o compromettere il funzionamento di tutto il sistema.
Un orologio non è resiliente. Al massimo è resistente, nel senso che può essere costruito in modo robusto. Ma una volta che subisce dei danni, non è in grado di auto-ripararsi.
Vediamo quali possono essere le caratteristiche che determinano la resilienza di un sistema.
- La capacità di auto-ripararsi.
- La capacità di funzionare in caso di danni non immediatamente riparabili.
- La capacità di affrontare improvvise diminuzioni dell'energia in entrata.
- La capacità di resistere agli attacchi senza danneggiarsi.*
Ora, in che modo si realizzano queste caratteristiche?
- Sottosistemi specifici deputati alla riparazione e alla manutenzione.
- Ridondanza (più sottosistemi svolgono la stessa funzione) e plasticitcà (possibilità di cambiare la destinazione d'uso di un sottosistema per supplire l'assenza di quelli danneggiati).
- Sovrapproduzione potenziale, ovvero la capacità del sistema di produrre e convertire in lavoro più energia rispetto a quella di cui necessita in situazioni non-critiche.
- Robustezza delle parti che lo compongono e delle connessioni.
Tutte queste caratteristiche necessitano un aumento della complessità, perchè sono necessarie un maggior numero di parti, di connessioni, e interazioni non lineari tra le varie parti del sistema.
Come si traducono praticamente queste considerazioni in rapporto all'innovazione tecnologica all'interno della società?
Facciamo un esperimento mentale: immaginiamo due villaggi.
- Il villaggio A è una società rurale. Ha case in pietra, usa la legna per riscaldare gli edifici, gli abitanti bevono l'acqua del fiume che scorre lì vicino, la sussistenza si basa sull'allevamento e l'agricoltura.
- Il villaggio B è una società rurale ma tecnologicamente avanzata. Gli edifici sono antisismici, dispone di molteplici fonti di energia: legna, corrente elettrica con impianto fotovoltaico, generatore diesel di riserva, solare termico per l'acqua calda. La sussistenza di basa su metodi tecnologicamente avanzati: serre, impianti idroponici. Parte della sovrapproduzione viene trattata per conservarsi a lungo - il cibo viene liofilizzato, e stoccato per conservarsi per anni.
Per comodità immaginiamo anche che ci siano 100 villaggi A collegati da una serie di strade sterrate che vengono percorse in bicicletta o a cavallo, e 100 villaggi B collegati da strade asfaltate percorse da veicoli elettrici e da una rete elettrica comune. Per condire la cosa con un po' di tecno-ottimismo immaginiamo di essere nel 2064 e che tutti i villaggi B siano collegati a una centrale a fusione nucleare (così per spacchio).
Poniamo anche che i due sistemi siano isolati: i due gruppi di 100 villaggi non hanno accesso al mondo esterno e possono comunicare solo con i villaggi dello stesso tipo.
Immaginiamo una criticità, diciamo un inverno particolarmente rigido, con annesse nevicate e gelo. E vediamo come rispondono i due villaggi.
Villaggi A: il raccolto è scarso. Molti abitanti soffrono la fame. In alcuni villaggi le cose vanno un po' meglio per cui vengono organizzati aiuti: parte del raccolto viene ceduto ai villaggi messi peggio, ma le condizioni delle strade che sono diventate un pantano rendono difficili le consegne. L'esposizione al freddo durante i trasporti crea un'emergenza sanitaria. La neve ha causato dei crolli ed è stato impossibile inviare soccorsi a causa delle condizioni delle strade.
Villaggi B: il raccolto delle serre è perduto. Tuttavia le centrali idroponiche hanno continuato a funzionare (ridondanza) e laddove queste non sono state sufficienti si è attinto alle scorte di cibo liofilizzato (sovrapproduzione). La produzione di energia elettrica col fotovoltaico è stata scarsa, ma gli abitanti hanno potuto usufruire dell'elettricità fornita dalla centrale a fusione (ridondanza e sovrapproduzione). In alcuni villaggi sono saltate le linee elettriche e sono stati usati i generatori diesel (ridondanza). Il maltempo ha causato dei crolli, ma i soccorsi (autoriparazione) sono arrivati in tempo perchè le strade asfaltate sono ancora percorribili dai veicoli (robustezza).
Questo piccolo esempio riflette comunque la realtà su grande scala: le civiltà tecnologicamente più evolute sono esposte alle stesse criticità di quelle meno tecnologiche. Tuttavia la loro resilienza è maggiore, e la cosa è provata dal fatto che nel mondo occidentale eventi come carestie ed epidemie sono estremamente rari, sebbene (giustamente) continuiamo a preoccuparcene.
Del resto la situazione che ho dipinto nell'esempio dei villaggi è in parte ideale: la nostra società è ancora lontana dall'efficienza che ho descritto, tuttavia la strada da percorrere per ottenerla mi sembra quella dell'innovazione tecnologica e della sua applicazione democratica.
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*la robustezza volendo essere rigorosi è un concetto separato dalla resilienza, tuttavia mi sembrava pertinente inserirla all'interno del discorso sulla tecnologia, poichè essa può essere aumentata dai miglioramenti dei processi di produzione, dalla scoperta di nuovi materiali ecc.
"...Aumentare la complessità (tecnologica) del sistema espone al rischio..." - il soggetto esclude che non si possa ostacolare l'aumento della complessità, e pertanto che sia dipendente dalla volontà umana - dovrebbe farsi una chiacchierata con Kevin Kelly -
RispondiEliminaL'aumento della complessità tecnologica oggi è necessaria proprio per essere resilienti, perchè abbiamo problemi come l'impronta ecologica al 150%, la povertà e le guerre che ne scaturirebbero se non rendiamo tecnologicamente avanzato l'intero pianeta in un discorso di internet of things, automazione robotica e gestione automatica di tutti i processi necessariamente tramite intelligenza artificiale [big data, cloud computing]. Altrimenti non avrebbe senso l'agenda digitale europea che è un prodotto dell'agenda 21
RispondiEliminaFranz hai forzato il mio pensiero. Non ho mai detto che la tecnologia diminuisca la resilienza. È la sua applicazione pratica che può portare a diminuirla. Se ad esempio si adotta l'idroponica (o l'aeroponica, why not?) per produrre delle riserve che suppliscono ad EVENTUALI deficit è un conto. Ma se quel l'aumento di produzione diventa strutturalmente parte dei normali consumi, trasformando l'abbondanza in semplice sufficienza, il sistema si ritroverà con meno resilienza di prima in caso di cigni neri.
RispondiEliminaUhmm...su questo ai ragione. Del resto è l'applicazione pratica di qualsiasi cosa a rendere tale cosa positiva o dannosa.
EliminaL'idea comunque, o l'obiettivo - se vogliamo metterla così - è trovare fonti di energia (prima di tutto la fusione nucleare ma anche altre) che permetta una produzione eccedente ai normali bisogni proprio per aumentare la resilienza in caso di catastrofi.
Ne parlerò in esteso più avanti ;-) magari faccio un post specifico sul problema energetico.