estratto da: HKL, un racconto che non sarà mai completato
Faceva freddo la notte in cui mettemmo la bomba. Io e Max tornavamo dall'HKL, stanchi ma incapaci di calmarci a causa dell'anfetamina e della tensione. Il vento ghiacciato ci entrava da tutte le parti e ci faceva rabbrividire, anche perchè avevamo ballato tutta la notte ed eravamo sudati e zuppi del sangue finto di cui ti innaffiavano all'HKL sparandolo addosso alle ballerine nelle gabbie appese al tetto. Il sangue ricadeva su di noi che ogni tanto alzavamo lo sguardo verso l'alto a goderci lo spettacolo.
Eravamo zuppi di sudore e sangue e svariati bicchieri che capitava che qualcuno ti versava addosso quando veniva urtato nel pogo scatenato.
All'HKL funzionava così più o meno tutte le sere.
Max si era rotto l'osso del collo davanti alla porta e aveva un taglio sul braccio e un occhio tumefatto.
Non avevamo esattamente un'aria innocente e adesso camminavamo a piedi nel cuore della notte attraverso il paese deserto, e io avevo una bomba nella borsa.
Gregor aveva finito di costruirla la sera prima, ma non aveva voluto dirci cosa ci aveva messo dentro. Ci aveva però assicurato che mai sarebbe potuta esplodere di testa sua polverizzandoci in una pioggia di brandelli di carne.
Mi sollevai il cappuccio sulla testa mentre attraversavamo la piazza, un po' per nascondermi il volto nel caso in cui ci avesse visto qualcuno, un po' per il freddo. Ci avvicinavamo al nostro obiettivo: volevamo far saltare in aria qualcosa e avevamo discusso a lungo su cosa sarebbe stato più spassoso far esplodere. Dopo ore di discussioni rimasero il portone del comune, la macchina del sindaco e la banca del paese.
Alla fine avevamo scelto quest'ultima.
Non è che avessimo un piano politico ben preciso, anzi, io e Max ci scannavamo ogni volta che il discorso virava su ipotetiche soluzioni produttive, tuttavia quando si trattava di far saltare in aria le cose eravamo più o meno d'accordo.
"Farà un bel botto questa volta" disse Max.
Annuii senza rispondere, mi guardavo nervosamente intorno alla ricerca di eventuali passanti che avrebbero potuto vederci, ma tutto taceva, non c'era nessuno in giro.
Ci avvicinammo al portone della banca e io aprii velocemente la borsa, posai la bomba sotto una scatola di cartone che avevamo lasciato lì all'andata e voltammo l'angolo a passo svelto. Il cuore mi batteva a 200bpm mentre Max tirava fuori il telecomando, toglieva la sicura e premeva il tasto rosso.
"Ora fa bum" disse, ridacchiando.
Non successe nulla.
Rimanemmo in silenzio per un paio di secondi, poi ci fu un boato bestiale e l'asfaltò ci tremò sotto i piedi. Sentimmo distintamente il rumore dei calcinacci e di migliaia di frammenti che ricadevano a terra.
Un paio di allarmi iniziarono a suonare e le luci alle finestre dei palazzi vicini già si accendevano proiettando sui vetri ombre di esseri umani parecchio agitati.
In fondo, pensai, vi abbiamo dato qualcosa di cui parlare per uscire dalla vostra noiosa routine quotidiana.
In fondo, pensai, vi abbiamo dato qualcosa di cui parlare per uscire dalla vostra noiosa routine quotidiana.
Corremmo a perdifiato per le vie buie, senza pensare che in quel modo eravamo terribilmente sgamati. Ma non importava, ormai era o la va o la spacca.
Un quarto d'ora dopo entravamo a casa di Gregor con la delicatezza di un carro armato. Facemmo irruzione nel corridoio sbattendoci dietro la porta e lo trovammo davanti alla tv con una birra in mano.
"Ragazzi, se non sbaglio ho sentito un botto" ci disse.
"Ma un gran bel botto, che minchia c'era là dentro?" chiesi, ancora col fiatone.
Lui non rispose, sorrise e ci stappò una birra a testa.
Diedi un sorso, lasciai defluire l'adrenalina e mi stravaccai sul divano. Per questa volta è andata, pensai.
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